RISO NERO


Sherwood Anderson, Cliquot / Elliot

America anni Venti. 
John fa il giornalista a Chicago, ma non è soddisfatto della sua professione: gli sembra che le parole siano qualcosa di troppo complesso e sfuggente.
Anche con la moglie le cose non vanno benissimo: lei è lanciata nella proprie carriera di scrittrice e dedica poche attenzioni al marito e a alla casa (è da ricordare il quadro temporale nel quale si svolge la vicenda).
John decide quindi di cambiare nome e partire abbandonando tutto. Prima intraprende un viaggio sull'Ohio e sul Mississipi in totale rilassatezza, poi si ferma in quella che era stata la sua cittadina natale: Old Harbor, in Indiana, e trova lavoro come operaio alla verniciatura di ruote in una fabbrica, facendo anche amicizia con un altro lavoratore -- Sponge Martin.
L'uomo gli sembra autentico, quasi primitivo, perché usa in primis le mani e sa gustarsi le gioie semplici della vita.
Ma John - Bruce si innamora della moglie del proprietario della fabbrica, Aline.
Una parte del romanzo è dedicata a raccontare ' storia di questa donna: il viaggio e le esperienze in Europa, l'incontro con il suo futuro marito, l'insoddisfazione...

Anderson mi ha stupito per l'attualità dei temi trattati: nonostante si trovino temini e discorsi che oggi -- per il politically correct -- non sarebbero ammessi, l'autore parla liberamente di sesso, amore saffico e disturbo post-traumatico.
Infatti , il "Riso nero" del titolo è una traduzione un po' fuorviante dell'originale "Dark Laughter" ("Risata Oscura") e indica proprio l'amarezza del ritorno alla vita dopo l'orrore della guerra.
Mi è piaciuta molto l'analisi psicologica dei personaggi -- tanto dei protagonisti quanto dei comprimari.


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