LA CAMPANA DI VETRO
Sylvia Plath, Mondadori
Voto: 10
Protagonista di questo romanzo largamente autobiografico scritto nel 1963 (anno della morte dell'autrice) è Esther Greenwood, una ragazza di Boston che vince uno stage a New York.
Tornata a casa, pensa di essere stata ammessa a un corso estivo di scrittura creativa, ma invece il suo racconto non viene selezionato e questo la fa sprofondare in un vortice di depressione che la spinge a pensare al suicidio.
Ad aggravare questo stato si aggiunge la crisi con il suo fidanzato, che l'ha tradita -- mostrando come la verginità sia un valore solo per le donne.
A seguito di un tentato suicidio, Esther viene ricoverata in una clinica in cui le pazienti sono suddivise in tre strutture (a seconda della gravità): lei ha il continuo terrore di essere retrocessa, sino a finire addirittura nell'orribile ospedale pubblico.
Vive nella paura dell'elettroshock, che i medici presentano come una manna.
Si sente sempre sotto la pressione di una campana di vetro, che rappresenta al contempo la società e il suo stesso Ego intimo.
Mi sono documentata e ho trovato una notizia sconvolgente: nel 2020 la terapia elettroconvulsiva veniva ancora utilizzata su ragazzini con disturbi del comportamento!
La scrittura è limpida e tagliente; è poesia in prosa e ci sono scene molto forti e d'impatto, come quelle che mettono in relazione il sesso, la nascita e la morte.
Per me è stato una lettura un po' "triggerante" perché ne ho sentito il grande peso emotivo.
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