LA FRECCIA GIALLA
Viktor Pelevin, Mondadori
Voto: 7
Andrej viaggia su un treno del quale non si vede né la testa né la coda: non si sa da dove sia partito ma la destinazione è un ponte crollato.
Quasi tutti gli altri passeggeri non sono consapevoli di essere tali e non sentono nemmeno più il peculiare rumore delle ruote sui binari.
A rivelare la verità ad Andrej è il vecchio Khan, così soprannominato perché ha tratti mongoli. Lui a sua volta l'ha appresa da delle misteriose scritte incise nel vano caldaie. Ulteriore guida quasi dantesca per Andrej è il libro "Le Ferrovie dell'India", una sorta di trattato filosofico sul paesaggio del subcontinente.
Quello del "testo nel testo", o " libro nel libro" è un argomento interessante che si presta a numerose discussioni.
C'è poi l'accenno (portato avanti nei tre racconti separati che chiudono il volume completandolo) alla Via, intesa in senso orientale. I romanzi di Pelevin hanno spesso questo tipo di impostazione ed è probabile che essa derivi dalla nuova tendenza della cultura russa ad accentuare di più la propria componente asiatica rispetto a quella europea.
Ad esempio nel libro LA VITA DEGLI INSETTI c'è un rimando all'I-ching cinese, e poi c'è il titolo IL MIGNOLO DI BUDDHA (che io non ho letto).
Ne LA FRECCIA GIALLA i riferimenti che mi vengono in mente sono soprattutto cinematografici:
- Si cita espressamente il film DODES'KA-DEN di Kurosawa, dove un ragazzino imita il rumore di un tram immaginario;
- Mi è stato suggerito che uno degli spunti potrebbe essere stato A TRENTA SECONDI DALLA FINE - RUNAWAY TRAIN di Andrej Koncalovskij, in cui due evasi si ritrovano su un treno in corsa senza macchinista.
- Ho poi visto SNOWPIECER di Bong-Jong Ho, che però non può essere stato di ispirazione, essendo del 2020 mentre il libro di Pelevin è del 2005.
Inoltre penso che la metafora della freccia gialla sia in qualche misura assimilabile o almeno accostabile alla famosa poesia di Gibran secondo la quale i genitori sono come archi da cui i figli sono scoccati, liberi di volare. Ma se così è torna la domanda: qual era il punto di origine del treno e chi l'ha fatto partire?
A voler trasmettere il senso di ineluttabilità della corsa, capitoli sono numerati al contrario in ordine decrescente, come in SOURVIVOR di Palahniuk.
In tutti i casi il treno è sempre metafora della vita, ma mi è parso che Pelevin volesse impostare di più la propria opera come critica al conformismo sociale. Andrej infatti si chiede se sia possibile scendere dal treno da vivi (i morti vengono gettati fuori dai finestrini): uscire dallo schema e dai "binari" prefissati.
Non posso dare un voto alto perché, nonostante l'abilità indiscussa nella scrittura, ho trovato il libro fin troppo filosofico e difficile da interpretare e, cosa che forse è ancora più grave, l'idea di fondo non è a mio avviso ben sviluppata.
Con le molte citazioni e rimandi alla cultura pop e artistica russa, LA FRECCJA GIALLA appare difficile per un lettore occidentale non esperto e diventa anche una critica al sistema russo - sia passato che presente.
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