RIPARARE I VIVENTI
Maylis de Kerangal, Feltrinelli
Voto: 7/8
In una mattinata d’inverno a Le Havre, tre adolescenti hanno un incidente stradale di ritorno da una sessione di surf.
Sono molto belle le prime scene, dedicate alla sensazione del mare e delle onde - anche se il piacere della lettura è parzialmente inquinato dai molti termini inglesi specifici del mondo della tavola.
Simon viene sbalzato fuori dal furgoncino e precipita in coma e subito dopo viene dichiarata la morte cerebrale. Da quel momento, inesorabilmente, di fronte ai genitori straziati dal dolore, si mette in moto la macchina per il trapianto d’organi.
L’autrice descrive molto bene l’inferno di un padre e di una madre che non vorrebbero accettare la morte del loro figlio.
A questo, de Kerangal, aggiunge una componente etnica interessantissima perché il padre di Simon è Maori ed è stato lui a trasmettergli l’amore per il mare.
Inizialmente i due, sconvolti e increduli, si oppongono al trapianto ma poi cedono, ponendo come unico veto quello degli occhi perché lo sguardo del loro bambino non vada ad altri.
Intorno ai genitori, si sviluppa il coro degli operatori sanitari – ognuno con la propria vita, cosa che spesso chi vede un professionista all'opera dimentica o cancella, come se i dottori esistessero solo in funzione del lavoro.
Nella seconda parte, de Kerangal analizza lo stato psicologico di una paziente (Claire) destinata a ricevere il cuore di Simon. La donna si chiede come sarà continuare a vivere sapendo che un altro è morto al posto tuo.
Lo stile è poetico e scorrevole, tranne per alcuni punti in cui c’è una ridondanza di informazioni tecniche.
Perfetto per chi ama i medical drama.
Dal libro è stato trattato anche un film che però omette la componente etnica - così importante nel romanzo - e introduce una storia d'amore LGBT francamente inutile e che nel libro non c'è.
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