THE CHOSEN AND THE BEAUTIFUL




Nghi Vo, Mondadori Oscar Vault


Voto: 8.5



THE CHOSEN AND THE BEAUTIFUL è una rivisitazione de IL GRANDE GATSBY di Francis Scott Fitzgerald. 

Il punto di vista è quello di Jordan Baker, giovane stella del golf amica della ricca Daisy Buchanan. Jordan ha origini vietnamite: è  stata adottata e portata in America da piccolissima. La ragazza - che è in qualche modo velato pansessuale -  inizia una storia d'amore con Nick Carraway ma lui, pur ricambiando con trasporto i sentimenti di Jordan, si sente attratto (quasi ammaliato) dal suo misterioso vicino Jay Gatsby. 

Ma chi è Gatsby e perché ha costruito praticamente dal nulla una villa sulla baia, dove si tengono feste incredibili alle quali sono ammessi tutti purché siano "prescelti e belli"? 

La storia è quella classica del grande amore disperato di Jay per Daisy e della sua incrollabile speranza, ma su tutto aleggia un'aura di magia che rende la trama del libro ancora più appassionante e godibile. Infatti, Jordan e Jay hanno dei poteri: l'una per essere di origine asiatica padroneggia l'arte del ritagliare la carta donandole vita; l'altro... Beh, si sussurra che abbia stretto un patto col Diavolo.

In realtà Nghi Vo non fa che riprendere e amplificare elementi di stupefazione che erano presenti anche nel romanzo "classico", come per esempio nella scena delle camicie lanciate dall'alto da Gatsby (che qui prendono a volare per la stanza), nella descrizione dei party o in quella della Valle delle Ceneri, o nell'introduzione del cartellone pubblicitario del dottor Eckleburg (che qui come nell'opera di Fitzgerald personifica lo sguardo di Dio).

Inoltre, attraverso l'uso della componente etnica, l'autrice sottolinea un aspetto che Fitzgerald trattava solo marginalmente (nelle sparate di Tom Buchanan  o nel comportamento gentile di Nick nei confronti della domestica finlandese). Nel romanzo si parla molto del Manchester Act, noto anche come Immigration Act: una legge che limitava gli ingressi negli Stati Uniti pet persone provenienti dall'Asia o da Sud ed Est Europa, e si affronta il tema delicato della percezione di sé. Jordan si sente speciale ma non giudicata negli ambienti alla moda che è solita frequentare (anche se una volta viene scambiata per una prostituta), mentre è a disagio a Chinatown, dove ha paura di fare la figura della stupida.

Così, il romanzo si inserisce in maniera interessante in una prospettiva post-coloniale, dove cioè i soggetti delle ex colonie si interrogano sulle nuove prospettive economiche e sociali.

I personaggi (soprattutto quelli femminili) sono odiosi e svenevoli ed è difficile empatizzare con loro, ma penso che fosse l'intento della Vo, così come di Fitzgerald. Lo rivela una frase de IL GRANDE GATSBY: "Perché Daisy era giovane e il suo mondo odorava di orchidee ed echeggiava di snobismo spensierato e giocondo e di orchestre che davano il ritmo dell'annata, assommando in nuovi motivi la tristezza e la suggestione della vita." Ovvero: tutta la ricchezza e l'opulenza nascondono una profonda solitudine.

Lo stile è lirico - forse ad imitazione di quello di Fitzgerald, anche se non altrettanto elevato - e con tocchi spicy che lo scrittore originale non si sarebbe mai permesso ma che non sono fastidiosamente pruriginosi.

Volendo fare un paragone cinematografico, ho trovato questo retelling più vicino al film del 2013 con Di Caprio che non quello del 1974 con Redford.

Ho apprezzato molto il modo in cui la Vo ha saputo introdurre elementi moderni e originali pur rispettando la storia.

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