FERROVIA DI SANGUE

 


Tom Lin, Einaudi


VOTO: 7.5


Siamo a pochi anni dalla fine della Guerra  Civile americana: Ming Tsu è stato cresciuto per essere un assassino, poi un gruppo di bianchi potenti gli porta via tutto e lo costringe a lavorare come schiavo alla costruzione della ferrovia Central Pacific, ma Ming riesce a fuggire e ora è in cerca di vendetta.

L'esordio di Tom Lin, scrittore nato in Cina ma trasferitosi negli Stati Uniti all'età di quattro anni, è un buon western, scritto in maniera poetica, con metafore per lo più inerenti i paesaggi aridi del Nevada.

È anche una road novel perché il protagonista si sposta nel deserto di città in città con un gruppo di “miracoli”, fino a Reno e poi più in là – stavolta solo – alla volta della California, dove lo attende il confronto finale.

La trama mi è parsa un po' ripetitiva, con una sequela di omicidi (ma penso che fosse così a quei tempi). È un vero distillato di violenza che, dopo un po', toglie senso alla violenza stessa.

Mi sono piaciuti molto i personaggi, il gruppo eterogeneo del circo dell'imbonitore (un nativo del Pacifico, un'americana e un ragazzino bianchi un navajo e un messicano), e poi il Profeta, un vecchio cinese cieco che distribuisce profezie e perle di saggezza spesso criptiche.

È qui che lo stile di Lin si fa chiaro e magistrale.

Le descrizioni scandiscono le lente giornate di marcia e di veglia intorno al fuoco.

Avrei voluto più dettagli sulla periodo passato da Ming come lavoratore delle ferrovie. Ci sono alcuni accenni al razzismo e alle tragedie ignorate dai capi, ma la narrazione è concentrata sul presente; mentre il passato riaffiora sotto forma di sogni sconnessi.


Questo è il primo libro di genere western che ho letto e non ho molti metri di paragone se non la serie TV HELL ON WHEELS, in cui effettivamente si vedeva la vita degli operai delle varie compagnie.

Mi riprometto di leggere LA TRILOGIA DELLA FRONTIERA di Cormac McCarthy, se non altro per l'innegabile talento dell'autore

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