AGATHA

 



Claire Luchette, Atlantide


VOTO: 8

AGATHA è un libro molto originale che parla di quattro suore cattoliche nell'America del degrado sociale.

Agatha e le sue tre compagne vengono trasferite nel Rhodes Island a seguire una comunità-alloggio per ex tossicodipendenti, persone con cui loro vorrebbero instaurare un rapporto profondo ma che sono solo in transito – non che non siano capaci di affettività, anzi.

La protagonista si sente al di fuori del gruppo nel momento in cui viene assegnata come insegnante di geometria in una scuola. Le regole troppo ferree che l'avevano aiutata a superare un lutto cominciano a starle strette.

Claire Luchette indaga in particolare le dinamiche di gruppo, e per questo rende più vivida la figura di Agatha - che è vista come "gli occhi" della sua piccola cerchia - mentre le sue compagne risultano omologate e sempre più distanti da lei.

È molto interessante la caratterizzazione delle due superiore anziane – una più materna; l'altra imperiosa, dedita alla sua fabbrica di senape.

L'autrice ha colto molto bene il sentire di queste due donne, anche considerando la sua giovane età.

Serpeggiano per tutto il romanzo le accuse di abusi all'interno della Chiesa, anche se esse non vengono mai esplicitate in una presa di posizione formale e non ci sono scene forti come avveniva nel film LA MALA EDUCATIÓN di Almodóvar.

I riferimenti a temi delicati come il suicidio sono poetici, mai eccessivi, ma il fatto stesso che Agatha inizi a cercare spiegazioni alla fede è un segnale dell'incoerenza della sua scelta di vita. A pensarci è il momento x in cui lei lascia le sue compagne alle attività della casa d'accoglienza per andare a insegnare che determina la frattura, come se si creasse una dicotomia tra il razionalismo e la religione. Più che altro però, Agatha non mette in dubbio la sua fede, quanto le possibilità dell'Uomo di essere assoluto.

Vi è poi il sottotesto sulla condizione della donna, che nella Chiesa, è chiamata a un voto di silenzio e sottomissione estremo – ragion per cui sono sempre meno le novizie giovani nel mondo contemporaneo (ma non è così un po' ovunque?).

Il finale è una logica conseguenza di quanto avviene nel libro, ma mi sarebbe piaciuto che la scrittrice si dilungasse di più.

Lo stile è secco eppure descrittivo, caratterizzato dai capitoli brevi e frasi lapidarie che spiegano concetti profondi in poche righe.

Riesce a rendere bene sia le persone che i luoghi, dai quali percepiamo la desolazione della periferia americana.

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