LA CRONOLOGIA DELL'ACQUA

 


Nato come estensione di un racconto, LA CRONOLOGIA DELL'ACQUA è per molti versi un libro che non ti aspetti. Innanzitutto perché è solo parzialmente cronologico e poi perché, essendo presentato come il memoir di una nuotatrice ci si prepara a leggere una serie di resoconti di gare. In realtà il nuoto e l'acqua sono solo potenti metafore della vita e della scrittura.

Proprio le parti sullo scrivere sono le più convincenti, dato che, come dice Lidia Yuknavitch, non si è mai soli se si ha la scrittura.

Viene da chiedersi quanto ci sia di Lidia in queste pagine, anche se il tracciato sembra sincero in modo disarmante.

In questo senso sarà fondamentale l'esperienza al laboratorio di scrittura creativa di Ken Kesey, autore di QUALCUNO VOLÒ SUL NIDO DEL CUCULO.

L'atleta ha lasciato l'agonismo per via di diverse forme di dipendenza (che qui non vengono dettagliate per non apparire come l'ennesimo diario della droga).

Si inizia fin da subito con un pugno nello stomaco: la morte della sua bambina appena nata. È stato un trauma che l'autrice si è portata dietro per dieci anni e che ha forgiato il suo rapporto con la morte. Un rapporto di forza, timore e scherno, come se volesse esorcizzarla ridendole in faccia.

Altra nota distintiva sono le innumerevoli ferite che arrivavano dall'infanzia.

Il padre era un violento e diventa figura centrale nella costruzione del sé di Lidia, che si sente irrimediabilmente “danneggiata”. Mi chiedo se la successiva scoperta del corpo ( e del legame mente / fisico) sia stata in qualche modo influenzata da questa tragica esperienza. Io so che, se mai mi fosse capitata una cosa del genere, ne sarei bloccata a vita! Lidia invece durante la sua adolescenza e nell'età adulta esplode e si descrive come una macchina sessualizzata, con marcati accenti femministi.

Qui il racconto non si risparmia. Il romanzo è stato per molti versi paragonato a Chuck Palahniuk (che ha scritto anche la frase lusinghiera sul retro di copertina), e sono abbastanza d'accordo. La Yuknavich fa parte di quel filone di scrittori che usa la parolaccia come arma, non tanto forse come mezzo per scioccare, ma perché è più naturale parlare in modo diretto che nascondersi dietro al dito dei giri di parole.

La madre è una figura assente, quasi un fantasma fino agli ultimissimi capitoli dedicati alla famiglia; mentre la sorella quasi non compare.

Piuttosto, i tre mariti di Lidia sono il fulcro attorno a cui si sviluppa la sua crescita personale. Deve abbandonare una relazione autodistruttiva per emanciparsi e trovare nuovi orizzonti finché non si fa coinvolgere da una storia non convenzionale con un uomo ancora sposato (ma in fase di divorzio) e di molti anni più giovane, un suo studente.

Alla fine Lidia sembra aver trovato l'equilibrio e la serenità di una famiglia, andando a vivere in una caa-santuario nei boschi dell'Oregon.


Dal punto di vista stilistico, CRONOLOGIA mi ha colpito moto per l'uso inventivo della lingua, con numerose ripetizioni, allitterazioni e neologismi creati dall'unione di parole: deve essere queta la “contorsione della scrittura” di cui parla l'autrice.


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