OHIO







Stephen Marley, Einaudi


VOTO 7.5




 Anche  se non è mia abitudine farlo, ho letto un paio di recensioni su OHIO per farmi un'idea. 

Si tratta infatti di un romanzo complesso, fatto di sotto-trame e di altrettanti punti di vista, un romanzo-mondo per usare un'etichetta un po' abusata in questi anni. 

Altro concetto inflazionato ma che si addice al nostro discorso è quello di “grande romanzo americano”. L'esordio di Stephen Markley è un progetto ambizioso che raccoglie quattro voci e quattro diversi lati della verità per comporre un unico mosaico che racconta i nostri tempi e la brutalità sorda della provincia. 

Ci troviamo nel paese immaginario di New Canaan e a turno quattro persone vivono una notte d'estate del 2013 che ha però continui rimandi nel passato, all'epoca del liceo, quando erano tutti nella stessa compagnia.

Sono tutti belli e privilegiati, il meglio che la società ha da offrire, quasi come in una pubblicità o in un teen drama. E come in una serie per adolescenti, hanno relazioni tra loro con scambi anche a volte sorprendenti, ma più passa il tempo più sembra che gli abitanti di New Canaan si portino dietro una maledizione: chi muore in guerra; chi di overdose; chi si porta dietro terribili traumi.

Markley ci mette dentro davvero tanti elementi – tanto che i detrattori hanno detto che è un libro commerciale, scritto solo per vendere.

Io penso che l'autore indaghi con onestà e crudezza le ferite aperte degli Stati Uniti contemporanei, a partire da un tema molto sentito e scottante: l'11 settembre. Lo scrittore ci mostra le fazioni opposte – i pacifisti e i guerrafondai – senza sbilanciarsi su quale sia la sua personale posizione, anche se è possibile farsi un'opinione in merito se si cerca di capire quale dei protagonisti ha più i tratti dell'autore stesso.

Il libro si apre nel 2007, con una parata in onore di Rick Brinklan, morto in guerra. Ma le persone davvero significative – ci dice Markley – sono quelle che non erano presenti, come a sottintendere che sia il vuoto e il non-espresso a fare da collante in questo grosso romanzo-fiume. 

E infatti fino alla fine non ci si rende conto che è l'assenza a pesare più di tutto il resto: chi manca davvero in questo affresco?

Ho fatto un po' di fatica a leggere OHIO per la sua lunghezza ma soprattutto per la sua schiettezza, che a volte diventava persino fastidiosa (e c'è una delle quattro macro-sezioni che contiene moltissimi argomenti potenzialmente disturbanti).

Ciò che forse non mi è piaciuto del libro è proprio la peculiare struttura divisa come se ci fossero quattro differenti romanzi in uno. Così facendo si guadagna una certa coesione interna nell'immediato, ma non si ha mai respiro e le parti si presentano come blocchi che il lettore deve letteralmente affrontare.

Volendo stilare una classifica, mi è piaciuto moltissimo il primo capitolo – dedicato a Bill Ashcraft – in cui ci sono bellissime descrizioni delle sensazioni date dall'uso di droghe e si parla incidentalmente della vita di Bill dopo il liceo, con la sua militanza in Occupy Wall Street e nell'estrema sinistra, che mi ha ricordato il libro I GIARDINI DEI DISSIDENTI di Jonathan Lethem; non ho amato invece il capitolo dedicato a Dan Eaton o meglio sì per certi versi ma non ho mai apprezzato le storie di guerra, quindi … Però è interessante vedere il percorso un ragazzo tranquillo – il classico topo di biblioteca – che decide di diventare soldato e poi soffre di disturbo post-traumatico da stress.

La forte caraterizzazione è la cosa migliore del romanzo: si riescono a vedere e percepire i personaggi fino ad affezionarsi o a detestarli.


Commenti

Post popolari in questo blog

CHE GUEVARA AVEVA UN GALLO

I GERANI DI BARCELLONA

TERRE SENZA DIO