LA LINEA DEL FRONTE




 Aixa de la Cruz, Giulio Perrone Editore


VOTO: 9

Sofía è una ragazza nata nei Paesi Baschi.

Per scrivere la tesi in Drammaturgia e Teatro, torna a Laredo ma non è la città che lei ricorda dalle vacanze estive della sua giovinezza, perché ora è inverno e i turisti sono andati tutti via.

La decisione di Sofía di rivedere quei luoghi è dettata anche dal sentimento verso Jokin, detenuto nel penitenziario di El Dueso per motivi politici.

Da quando lo ha rivisto al telegiornale hanno iniziato a scambiarsi lettere e lei lo ha idealizzato come l'eroe di una causa a cui lei non è mai davvero appartenuta e si è riaccesa una vecchia fiamma.

Figlia di una famiglia borghese è sempre stata tenuta all'oscuro della questione dell'ETA, venendone toccata solo marginalmente come spesso avviene ai giovani, che partecipano ai cortei senza capirne bene il significato.

Così la protagonista si interroga sul concetto di verità come costrutto che non è assoluto, ma anzi deriva dalla somma dei punti di vista individuali. Così, nemmeno l'identità è definibile in modo univoco: Sofía inventa un ideale di Jokin così come ricostruisce la storia del drammaturgo su cui sta scrivendo la tesi.

Altro concetti basilare del romanzo è quello  di “inazione”, che si trasforma nel principale modo di spiegare gli eventi tramite le categorie del “fare” o “non fare” qualcosa. È questa la “linea del fronte” del titolo: un limite personale che un individuo può valicare oppure no e non si tratta tanto dei massimi sistemi dell'ideologia, quanto di una scelta che si compie quotidianamente, anche di fronte alle piccole ingiustizie. Questo non vuol dire che la decisione sia sempre consapevole, a volte ci si trova semplicemente nel posto sbagliato al momento sbagliato,

Mi viene in mente una scena della serie OZARK, in cui il predicatore Mason Young entra volontariamente in un mini-market durante una rapina e viene colpito.

La figura di Jokin si inscive in questa narrazione mitopoietica e si congiunge in maniera inquietante con quella di Mikel Areilza, uno scrittore membro dell'ETA morto suicida in esilio a Buoenos Aires, sul quale Sofía sta facendo ricerche accademiche.

Dal punto di vista logico-strutturale si ha quasi la sensazione che i due uomini siano la stessa persona ma entrambi si cancellano nella idea più vasta di parlare del dolore e dell'isolamento.

Alla ovvia condizione di reclusione di Jokin si somma quella auto-imposta in cui vive Sofía, e in qualche modo anche Areilza è prigioniero di una storia mal raccontata, che lui cercherà di ribaltare. Si capisce quindi che banalmente, ognuno ha le sue costrizioni, anche se mi sarebbe piaciuto un maggior spazio dedicato a quello che noi tutti ormai chiamiamo Grande Fratello.

La propaganda politica e il controllo che subiamo ogni giorno, sono infatti sicuramente più forti e problematici nei Paesi Baschi.

Ad un certo punto la biografia di Jokin e quella di Areilza si confondono fino all'estremo e allora il nodo centrale del libro diventa la parcezione e il racconto di sé sotto molteplici aspetti, che si risolvono anche attraverso l'utilizzo di diversi generi letterari (il copione teatrale, le lettere, il diario, la prosa tradizionale).

Questa mescolanza risulta quanto mai interessante perché non è assolutamente disarmonica, ma anzi è fluida, dinamica e naturale. Dal momento che Sofía si interessa di teatro, i suoi incontri con Jokin in carcere sono trascritti come il testo di uno spettacolo.

Quindi, il nocciolo del romanzo è il rapporto tra Sofía e Jokin o meglio, come lei lo ha immaginato.

I personaggi secondari servono solo a creare un certo tipo di atmosfera cupa e post-apocalittica intorno alla protagonista. Ad esempio, non si svela se il custode è davvero uno stalker o meno; metre la figura del vicino è  propedeutica a farci comprendere meglio il carattere e le idiosincrasie di Sofía, dettati dal suo retroterra culturale.

Come ho accennato, un altro argomento centrale di LA LINEA DEL FRONTE è il dolore, inteso sia come sensazione fisica che psicologica, anzi le due cose vanno di pari passo perché a volte un intenso male fisico può cancellarne uno mentale e il corpo che muta, si abbruttisce e non è più se stesso è l'unico modo per restare ancorata alla realtà.


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