AURORA'S END

 


Jay Kristoff e Amie Kaufman, Mondadori


VOTO: 9

AURORA'S END è la conclusione della trilogia denominata AURORA CYCLE.

Siamo dunque alla battaglia finale contro il Ra'haam, una forma di vita vegetale che minaccia di invadere l'intera galassia con le sue spore, causando la creazione di una mente unica. Gli individui colpiti infatti non muoiono a tutti gli effetti ma entrano a far parte di una “mente collettiva” in cui ogni parte sa quello che sanno le altre.

Per sconfiggere questo nemico, l'antico popolo degli Eshvaren avevano progettato un Arma, una bellissima navicella fatta di un cristallo speciale, capace di sparare e distruggere i mondi-incubatrice del Ra'haam. Aurora – la nostra protagonista – è il Grilletto di quest'arma, ma ancora non ha capito come sparare senza sacrificare se stessa.

Ho scritto che Aurora è la nostra “protagonista” ma in realtà non è del tutto corretto perché i romanzi di questa serie sono strutturati in maniera polifonica e ciascun capitolo dà spazio alla voce in prima persona di un personaggio della Squadra 312.

Tale forma tecnica è stata probabilmente scelta da Jay Kristoff e Amie Kaufman per facilitare la scrittura a quattro mani.

In questo ultimo libro la pluralità di punti di vista, che permette di ampliare lo sguardo su una singola situazione cogliendone vari aspetti, è complicato da diversi piani temporali.

Per una distorsione temporale (e io adoro le storie sui viaggi nel tempo!) Tyler – il capo della squadra – resta nel presente, e cioè nel 2380, mentre una parte della squadra viene sbalzata nel passato e una parte nel futuro.

Quindi la presenza di tre dimensioni cronologiche a volte rende un po' confusa la lettura ma forse conferisce anche un certo fascino, perché ho trovato molto interessante il modo in cui Kristoff e la Kaufman gestiscono i temi classici dei viaggi nel tempo: il loop e il paradosso.

Ancora un accenno specialistico: i due autori sono stati bravissimi a tirare le fila della storia, mettendo insieme i particolari e gli indizi che avevano disseminato nei due romanzi precedenti.

Il lettore scopre com'è possibile che i protagonisti abbiano trovato dei regali misteriosamente azzeccati che erano stati chiusi in un caveau ancora prima che loro si iscrivessero all'Accademia e finalmente si capisce la funzione di ogni singolo oggetto, anche del più strano.

Tuttavia, come per qualsiasi libro di fantascienza o fantasy, mi piace cercare di sbrogliare i nodi delle metafore per trovare un significato universale.

Partiamo allora dalla meravigliosa frase di Finian che a un certo punto dice: “Siamo tutti l'alieno di qualcun altro.”

Il Rah'aam è un organismo avvolgente, in cui non ci si sente mai soli ma si è costretti a rinunciare alla propria individualità per sentire e pensare in modo omologato.

Il legame che unisce i membri della Squadra 312 è in un certo senso una via alternativa perché – sempre tornando a Finian, che è un alieno betraskano  e come tale fa parte di un clan molto allargato di parenti e sottocategorie varie – è come se si trattasse di una famiglia d'elezione.

Poi bisogna dire che Jay Kristoff nasconde sempre nei suoi lavori un omaggio spassionato al libro come oggetto custode delle storie e questo per me è un surplus molto positivo per il giudizio

Effettivamente in questo romanzo conosciamo meglio Finian – che nell'equipaggio è l'addetto alla tecnologia e ha un handicap fisico che lo limita nei movimenti – e anche la “Cervellona” Zila - una terrestre che era sempre apparsa molto calma e controllata, al limite della sociopatia.

La vasta rappresentatività di quest'opera, che ovviamente si cela dietro il manto della fantascienza, vuol comunicare che tutti hanno diritto e bisogno d'amore.

Non vorrei perciò fare spoiler ma devo dire che il finale un po' troppo light (nel senso sia di “leggero” che di “luminoso”) non mi ha soddisfatta, ma non voglio aggiungere altro per non rovinare nulla a chi volesse leggerlo.








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