SYLVIA PLATH: LE API SONO TUTTE DONNE

 



Antonella Grandicelli, Morellini Editore 


VOTO: 10 e lode ⭐


Antonella Grandicelli vuole farci conoscere la Sylvia Plath come persona e grande scrittrice, allontanandoci dal fantasma chiacchierato del suo suicidio, avvento l'11 febbraio del 1963 quando la poetessa aveva solo 30 anni.

La scelta fulminate di partire dalla morte della “protagonista” è un modo per toglierci subito il pensiero.

Quindi il romanzo meriterebbe due letture consecutive: una nell'ordine di scrittura e poi una in ordine cronologico, proprio perché così facendo si metterebbero a posto molti tasselli nella mente del lettore.

Attraverso un percorso a ritroso segnato da tutti gli indirizzi (americani e inglesi) cambiati dalla nostra “protagonista” nell'arco di una vita relativamente breve, si scoprono man mano le carte che svelano la complessa personalità di Sylvia: il rapporto ambivalente con la madre si rispecchia in maniera contraddittoria in quella che sarà la sua stessa maternità. Il fatto che sua madre si sia così largamente sacrificata per garantire possibilità ai figli era in linea con la visione della donna perfetta americana, ma poco si avvicinava al sentire di Sylvia, che diceva di volere un'indipendenza. Diceva questo ma poi in realtà lei stessa aveva bisogno di aggrapparsi a qualcosa o a qualcuno da chiamare “casa” dopo la morte traumatica del padre quando lei aveva otto anni; e questo qualcuno per un certo periodo sarà il marito, il poeta inglese Ted Hughes che lei ama come se fosse una divinità pagana, Lo appoggia dattilografando tutte le sue opere e inviandole a giornali ed editori, ma lui non fa altrettanto con lei. Lui, originario dello Yorkshire ha una sensibilità diversa rispetto ad alcuni temi portanti dell'arte, come ad esempio la Natura: se Sylvia la sente come qualcosa di addirittura ostile e respingente, lui la cerca come fonte di ispirazione; se lei ha bisogno di vivere la vita per poter scrivere, lui anela la quiete.

È sicuramente sbagliato imputare le colpe della morte di Sylvia solo ed esclusivamente a Ted, certo è che lui sul lungo periodo non poteva essere ciò che lei voleva e di cui aveva bisogno, ma non possiamo nemmeno dipingerlo come completamente ignaro e innocente, come invece appare nel libro di Connie Palmer TU L'HAI DETTO che racconta la storia del matrimonio tra Sylvia e Ted dal punto di vista di lui.

Leggendo i due volumi in parallelo si notano gli stessi episodi visti da due punti di vista opposti.

Di fronte a Ted, Sylvia si sente ancora una volta imperfetta, troppo piccola, e cerca – sia dal lato intellettuale che da quello umano e pratico – di raggiungere gli standard elevatissimi che lei stessa si impone-

Oggi, con i mezzi e le conoscenze della psichiatria moderna, è facile diagnosticare a Sylvia Plath un disturbo bipolare: in alcuni momenti era fiduciosa ed energica, in altri sprofondava nella depressione. Ai tempi però, non era così semplice individuare una patologia e le uniche “cure” -

che erano però solo palliativi se non addirittura dannose – erano blandi sedativi e terapia elettroconvulsiva.


La scrittura di Antonella Grandicelli è a sua volta lirica. L'autrice infonde un po' di se stessa nella voce di Sylvia – ricostruita fedelmente e con affetto attraverso lo studio di documenti e diari – ma si sente una coscienza poetica che sembra infusa dal nume tutelare dell'autrice americana.

La fine del primo capitolo – che quindi coincide con la morte – è scoccante: “Mi chiamo Sylvia e ho la testa nel forno”; così come il finale del capitolo conclusivo - la nascita – “Così infine mi libererò dal buio” che mi ha ricordato le memorie intrauterine di Dalì nel suo DIARIO DI UN GENIO.


Il titolo bizzarro del libro deriva da una frase detta dal padre, Otto Plath, alla piccola Sylvia che chiedeva se esistevano api-uomo e api-donna.

La collana di Morellini Editore FEMMINILE SINGOLARE racconta in modo romanzato utilizzando la prima persona, la vita e le opere di donne che sono state celebri ma un pochino oscurate dalla fama di un marito importante come nel caso di LADY CONSTANCE LLOYD moglie di Oscar Wilde o GALA , compagna di Salvador Dalì; o ancora l'indomabile COLETTE


L'idea alla base delle copertine di tutti i volumi in questa collana è di rappresentare il corpo della donna come un bicchiere fragile ed elegante, da maneggiare con cura eppure contenitore di un liquido che è simbolo della vita stessa. Nel caso della Plath, la curatrice grafica Barbara Uccelli ha scelto il latte per sottolineare ancora di più il suo stato di madre e, immerso all'interno, un anello di fidanzamento che con la sua sola presenza crea delle onde rovinose perché il rapporto con il marito è stato una delle fonti della sua tempesta personale.

Io però non sono molto d'accordo con l'idea vecchio stampo di vedere la donna come un recipiente di vita, quasi la si volesse comunque relegare al suo sostrato biologico, e questo è l'unico appunto negativo che mi sento di fare ad un libro per tutto il resto splendido.

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