LE MAREE NERE DEL CIELO

 

Neon Yang, Mondadori Oscar Vault

VOTO: 8.5

LE MAREE NERE DEL CIELO è un libro affascinante, innanzitutto per i dilemmi traduttivi che pone ai professionisti, problemi che ne hanno forse segnato la travagliata storia editoriale in Italia.

Ci troviamo in un mondo ispirato all'antica Cina, nella città di Chengbee, capitale del Protettorato. A reggere le sorti e il governo dello Stato è infatti la Protettrice, in conflitto più o meno aperto con il Grande Monastero. Il sistema magico si basa sulla Slasca e sui Tensori a metà tra maghi e alchimisti, che sono in grado di manipolarla: si tratta di una sorta di scienza fondata sulle cinque nature tradizionali della cultura asiatica, e cioè fuoco, acqua, metallo, legno e terra.

Per prima cosa la parola stessa “Slasca” è stata in qualche modo modificata in fase di traduzione dall'originale “Slack”; ma la sfida maggiore sta nella descrizione di Akeha e Mokoya, le due protagonist*. Fino a diciassette anni infatti le persone non hanno un sesso determinato. Il gioco si presta in inglese, lingua che ha molte parole neutre (ad esempio “child”) e in cui è in uso il pronome “they” per indicare un individuo gender fluid. Nella versione italiana la traduttrice Benetta Tavani ha fatto un funambolico uso dei caratteri speciali che rendono un po' difficoltosa la lettura; ma comunque a partire dalla metà del libro il problema non si presenta più perché Akeha decide di farsi confermare come uomo mentre Mokoya si fa confermare come donna. Questa è la trasposizione letteraria della definizione antropologica del genere come qualcosa di socialmente acquisito e costruito a posteriori. In un periodo in cui è di moda parlare di tematiche LGBTQ+, quella di Neon Yang non è una forzatura perché, da quanto viene dichiarato nella dedica del romanzo, la sua stessa famiglia è in parte queer, e cioè (fatemi consultare il dizionario!) sessualmente, etnicamente o socialmente eccentrica rispetto alle definizioni di normalità codificate dalla cultura egemone.

Lo stile ricorda molto da vicino quello di Rebecca Kuang, autrice della trilogia de LA GUERRA DEI PAPAVERI e stella di punta di un fantasy sino-americano ormai consolidato con diversi scrittori importanti. Infatti ho ritrovato qui alcuni elementi dei romanzi della Kuang, primo fra tutti il controllo degli elementi.

La prosa è punteggiata di eleganza, soprattutto nella raffigurazione dell'ambientazione: da una parte le architetture impossibili del Grande Palazzo, dall'altra i vicoli affollati e vocianti della città.

Cresciut* al Monastero e poi tornat* a corte, Akeha e Mokoya diventano sempre più abili nel manipolare la slascienza: Mokoya in particolare si scoprirà (quasi subito) profetessa, vivendo nella frustrazione di non poter cambiare le proprie tragiche visioni.

La grande raffinatezza delle immagini suscitate da Neon Yang comincia fin dal titolo: le maree nere del Cielo (inteso come “Heaven” e non come “sky”.Ecco un'altra trappola!) rappresentano il Destino ineluttabile che governa la sorte umana ma “come in tutte le acque, si può nuotare controcorrente”.

Se dovessi trovare un difetto in questo romanzo, direi forse che i salti temporali sono vere falcate che coprono l'arco di anni. Il testo è ricco di informazioni non troppo approfondite, soprattutto per quanto riguarda le minoranze etniche del Protettorato e la ribellione dei Macchinisti: come si direbbe con un motto popolare “c'è troppa carne al fuoco” per la brevità inconsueta del libro (solo 216 pagine quando di solito i fantasy sono volumi da settecento e passa!) Sarebbero servite un paio di scene di guerra per capire le dinamiche delle forze in capo.

Un altro esempio di tratteggio incompiuto è la psicologia della madre, la Protettrice, che rimane appena abbozzata e solo verso il finale il lettore intravede uno spiraglio nella corazza da super villain della situazione, e a quel punto ci si chiede il perché.

È probabile comunque che gli aspetti lasciati in sospeso siano fili che si andranno a ricongiungere e arricchire nei prossimi libri della tetralogia.

Come sempre un plauso va a Mondadori Oscar Vault che ha mantenuto le copertine originali in tutta la loro bellezza, con disegni che ricordano gli antichi rotoli, un po' come per la STIRPE DELLA GRU di Joan He che possiedo ma che non ho ancora avuto il tempo di leggere (ma, azzardando un'ipotesi, è possibile che anche qui ci siano punti di contatto).


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