IL FUTURO È UN POSTO STRANO





Cynthia Rimsky, Edicola Ediciones 

VOTO: 7.5

IL FUTURO È UN POSTO STRANO è un libro denso e intenso, in cui il lettore si perde e si ritrova, come navigando in una faglia carsica. E infatti la copertina non è casuale: una spirale su fondo rosso che finisce in un buco profondo. Un buco che è la tana del Bianconiglio, ma non nell’accezione di Carroll / Disney, quanto nel senso molto più inquietante e distopico di MATRIX (il film numero 1, per carità!). Infatti qui il piano storico-politico è preponderante.

È la storia della Caldini che sta affrontando una brutta separazione e che nel contempo deve ricordare il proprio passato di militanza nel Cile degli anni Ottanta.

Tuttavia il tempo cronologico si confonde nella narrazione e il presente si mescola ora col passato, ora col futuro – e infatti il “futuro” del titolo è in realtà il nostro presente.

Si ha la sensazione di seguire la concretizzazione narrativa della canzone dei Ministri che dice: “Il futuro lo avete inventato voi / Il futuro è una trappola”. Prima ho usato la parola “navigare” non a caso: la protagonista cerca su Google i frammenti della sua storia personale, che si inscrive nella grande Storia collettiva del Cile come nazione: ne nascono dei fraintendimenti perché si sa che la Storia viene spiegata dall’esterno, specie in questo caso dato che su tutto (e anche su Google) aleggia la lunga mano degli Stati Uniti. Bisogna sempre ricordare che si tratta di un libro intimamente cileno, con un universo autoreferenziale per capire il quale servono almeno un paio di coordinate di base:

Innanzitutto la caduta di Allende nel 1973 e la dittatura di Pinochet, finita formalmente negli anni tra il 1988 e il1990 con un referendum popolare (e qui il miglior riferimento immediato è il film NO – I GIORNI DELL’ARCOBALENO con un fantastico Gael García Bernal);

Ma bisogna tener presente che in realtà la costituzione di Pinochet è stata ufficialmente abrogata solo nel 2020 (Duemila e venti!) e che nel frattempo c’è stato anche il terribile terremoto del 27 febbraio 2010 che ha causato 521 morti e 52 dispersi. Durante questa catastrofe naturale è avvento un fatto curioso: le facciate dei palazzi sono rimaste intatte mentre l’interno veniva devastato e crollava.

Proprio partendo dall’osservazione di questo fenomeno e considerandolo una metafora della coscienza del Paese, Cynthia Rimsky ha iniziato a scrivere IL FUTURO È UN POSTO STRANO.

Non per niente Rocha, il marito dal quale la Caldini si sta separando, è un intellettuale che ha scritto diversi saggi sulle crepe, intese come cosa fisica, ma anche come scollamento del reale globale e come malessere individuale. Così il deserto di Atacama diventa un luogo simbolo in cui raccogliere materiale, tanto per la tragica nomea che esso aveva durante la dittatura, quanto come metafora dell’isolamento interiore, esattamente come avveniva nel bellissimo romanzo IL DESERTO di un altro autore cileno: Carlos Franz. Ma pensiamo anche al potente simbolismo di un libro cult come LA DONNA DI SABBIA di Kôbô Abe, in cui un entomologo viene letteralmente risucchiato da una voragine nell’arenile e diventa schiavo di una comunità incentrata sul lavoro incessante. L'autore giapponese puntava il dito contro l’effetto spersonalizzante della megalopoli.

Allo stesso modo, nel romanzo della Rimsky viene applicato un sistema di scomposizione: non si parla mai di Santiago nella sua totalità ma piuttosto delle piccole realtà di quartiere.

Se si considera il concetto spazio-temporale di strappo, mi viene in mente MAO,  l’ultimo manga di Rumiko Takahashi in cui una ragazzina sopravvive ad un incidente che forma un enorme cratere stradale, avvenimento che crea un portale dimensionale collegato al passato – Per la verità la Takahashi aveva già utilizzato questo espediente nel suo bestseller INUYSHA, in cui il passaggio era un pozzo – in entrambi i casi si ritorna all’immagine del buco di cui discutevamo all’inizio.

La Caldini si deve immergere per poter ritrovare frammenti di memoria.

Il trigger è l’incontro con un suo vecchio compagno di militanza  che ora vende mappe sbagliate o non aggiornate e sta creando un Museo del Libero Mercato.

E qui è necessario avere un paio di nozioni di filosofia politica: nel 1965 nacque un accordo tra la Cattolica di Santiago e l’Università di Chicago, che sosteneva le idee di liberismo selvaggio promosse da Milton Friedman, facendo del Cile un capo di sperimentazione cinico e intriso di sangue (e in questo folle mercato ultra-privatizzato bisogna registrare anche il nome dell’associazione di lotta come se fosse un marchio).

Da Isabel Allende (LA CASA DEGLI SPIRITI) fino ad arrivare ad Alejandro Zambra (TORNARE A CASA), l’esperienza della dittatura è una ferita che ha segnato tantissimo i cileni, specie gli scrittori, che stanno lavorando a un recupero del vissuto nazionale. Anzi, le similitudini tra FUTURO e il libro di Zambra sono tantissime: il terremoto, il viaggio sui luoghi della giovinezza…

Nel post-dittatura, la sinistra ha perso il suo significato profondo di ribellione e le manifestazioni sono diventate una pallida eco del passato, dove i giovani cantano “El pueblo unido jamás será vencidocome se fossero sul set di un documentario, senza capirne davvero il significato o sfruttano le sfilate di protesta per sobillare la violenza – cosa che per altro è sempre successa a tutte le latitudini: ne abbiamo un triste esempio in questi giorni con l’attacco alla sede della CGIL di Roma da parte di gruppi di estrema destra.

Non è ben chiaro che direzione prendere (“Il responsabile disse loro che il sentiero che per paura non avevano percorso era quello che li avrebbe portati dall’altra parte”) e le indicazioni sono confuse come nella foresta attraversata da Alice; anche perché le certezze sono affidate al caso o alla logica meccanica ma fallace di un algoritmo.


Dal punto di vista stilistico, la Rimsky mette in campo tutta la sua bravura tecnica.

In primo luogo ho apprezzato moltissimo la capacità di disegnare piccoli cammei di vita quotidiana alla PENNY LANE, descrivendo ciò che la protagonista vede dalla finestra: anche noi guardiamo il fruttivendolo, gli operai, il duplicatore di chiavi; e poi la Jugoslava col suo ristorante e un po’ più in là, la trattoria degli italiani.

Altro elemento formidabile è un uso spericolato della sineddoche (la parte per il tutto): prima nella scena del bar dove due ragazze si identificano totalmente con il loro vestiario e vengono quindi denominate “giacca” e “canottiera”; e poi durante la sfilata nel barrio di El Salto, quando le persone son connotate con il nome della via in cui abitano – e sono tutti toponimi edificanti: Armonía, Paz, Honradez.

La Rimsky depista più volte il lettore cambiando nome hai personaggi in corso d’opera (ad esempio alterna il nome proprio, il cognome o il nome in codice), invertendo senza preavviso i punti di vista, confondendo i dialoghi. È per questo che non si tratta di un romanzo facile, ma è invece una lettura che va decantata e affrontata con i tempi giusti.

Penso comunque che IL FUTURO È UN POSTO STRANO sia un romanzo importante per prendere il polso della vera nuova letteratura cilena, non edulcorata per i nostri `palati abituati alle frasi secche e dirette degli scrittori statunitensi.


Un plauso va ad una piccola realtà editoriale come Edicola Ediciones, che nasce e vive a cavallo tra l’Italia e il Cile, grazie alla volontà di un agguerrito manipolo che si è dato la missione di portare qui da noi voci nuove e diverse.

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