Sydney Smith, Orecchio Acerbo


VOTO: 8


Un bambino vaga per le vie di una metropoli (New York?) e ne viene fagocitato. È questo che fanno le grandi città: hanno braccia grandi che ti accolgono, ma possono anche spaventare. Il rumore incessante del traffico, dei taxi che suonano il clacson … può essere un concerto ma, per un bambino a cui piace la musica, è meglio accovacciarsi sul davanzale di una casa in cui qualcuno si esercita al piano, o sulla cima di un albero spoglio. È un modo per non crescere mai, come Peter Pan che si fermava ad ascoltare le storie di Wendy. Per assonanza, mi ricordo anche il libro UN ALBERO CRESCE A BROOKLYN: in questo titolo è espresso a parole lo stesso concetto che Sydney Smith esprime coi disegni. Piccoli fiori rossi che crescono a ridosso di un muro, nel grigiore e nel freddo.

Un gattino si è perso, ma il bimbo è grande; ce la può fare. Prende l’autobus, scende e va a piedi. Taglia per le scorciatoie ma bisogna fare attenzione ai vicoli bui.

PICCOLO IN CITTÀ ha qualcosa in comune con un altro bellissimo albo di Orecchio Acerbo, IN THE TUBE che era ambientato nella metropolitana di Londra ma ci sono delle differenze, Innanzitutto il bambino deve percorrere una lunga strada verso casa ma non sembrerebbe perso (quindi non sono d'accordo col titolo francese PERDU DANS LA VILLE). Inoltre, mentre nel libro di Alice Barberini il ragazzino perduto ha delle interazioni con altre persone, qui la gente va di fretta e, nei disegni, non ha nemmeno fattezze specifiche: sono tutti come ombre grigie, fantasmi. Per un breve tratto anche il bambino è anonimo tra la folla: prima è anche lui una sagoma scura, poi diventa un riflesso distorto dai vetri dei palazzi. E anche il clima non aiuta: mentre il bimbo cammina verso casa, si mette a nevicare. Ci sono in grattacieli (skycrapers) ma il cielo si vede di rado nella metropoli, e solo a frammenti lattiginosi o in vortici minacciosi di neve.

Eccolo l’inverno del Midwest, una stagione che può essere cupa ma anche poetica. Lo sapeva Robert Frost che, nato a San Francisco (California), visse e morì a Boston (Massachusetts).

Mi viene in mente il suo famoso componimento FERMANDOSI ACCANTO A UN BOSCO IN UNA SERA DI NEVE; hanno ragione i critici quando affermano che la poesia di Frost non è necessariamente sulla natura, ma piuttosto una riflessione sulla vita e sulla morte, una sorta di “Nel mezzo del cammin di nostra vita”. Quindi ecco che il bambino di UN PICCOLO IN CITTÀ si trova a fronteggiare il pericolo ma “ce la può fare” anche grazie all’affetto di chi gli vuole bene. Tuttavia durante il tragitto il bambino è solo e c’è un modo in cui può confortasi, e cioè lo sfiato del riscaldamento di un palazzo. È esattamente come quando Cristina e Owen vanno nel vano caldaie dell’ospedale in un episodio di GREY’S ANATOMY, perché lì trovano conforto e un piccolo brivido, quando il getto di vapore il colpisce.

In UN PICCOLO IN CITTÀ i disegni sono pittorici e quasi astratti nel rappresentare l’atmosfera e lo stato d’animo del bambino. I testi sono molto semplici, didascalici e pedagogici ma sprigionano un calore che contrasta con i colori freddi della maggior parte delle tavole.

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