SENI E UOVA




 Meiko Kawakami, Edizioni E/O


VOTO: 9 


SENI E UOVA di Meiko Kawakami è stato oggetto del primo gruppo di lettura al Librificio del Borgo di Genova e ha suscitato molte discussioni.

Si parla di Natsuko scrittrice non ancora molto affermata, Makiko che a 39 anni fa ancora la hostess in un locale e sua figlia Midoriko che vediamo prima a dodici anni – quando aveva deciso di comunicare con la madre solo per iscritto – e poi a ventuno – ragazza solare con una storia d’amore serena.

Makiko si vuole rifare il seno, e per lei è una vera e propria ossessione. La prima tematica affrontata è quindi il “non piacersi per come si è. Il voler sedurre”. Non si parla apertamente di uomini, ma Makiko ha preso a modello un certo standard, che è quello Occidentale fino a volersi sbiancare i capezzoli con un’apposita crema!

Questa del modello Occidentale è una questione che attanaglia i giapponesi dal dopo-guerra: il motto “Imitare. Superare” coniato durante la guerra è arrivato alle estreme conseguenze, fino a coinvolgere molti aspetti della vita culturale e persino dell’aspetto fisico. Si tratta però di un “problema” che tocca solo gli adulti; le bambine (compresa la piccola Kura, che compare nel libro) preferiscono giocare con Licca-Chan piuttosto che con la più americanizzata Barbie.

Nella seconda parte del libro si entra nel vivo. Natsuko vuole un bambino pur essendo single e pur rifiutando l’atto sessuale. È la prima volta che vedo l’asessualità rappresentata in un romanzo. Ci sono rarissimi esempi in libri americani non ancora tradotti (anche se ci sono speranze di vedere EVERY HEART IS A DOORWAY di Seanan Mc Guire, visto il recente successo in Italia del suo MIDDLEGAME).

Mieko Kawakami si interroga sul senso della vita e sulla decisione di mettere al mondo dei figli. Non si tratta forse, sempre e comunque di un atto di egoismo? Questo vale anche per una coppia, ma tanto più per una donna single che decide di diventare madre e che, per farlo, si affida allo sperma di uno sconosciuto.

Non sapere chi è il proprio padre biologico può creare un trauma – come avviene per Aizawa, che scopre di essere frutto di inseminazione artificiale solo a trent’anni e spende parte della sua vita alla ricerca delle proprie origini, diventando egli stesso medico, come quel padre che non ha conosciuto – per non parlare del tema dell’ereditarietà legata alla genetica e all’epigenetica che, nel caso di un donatore anonimo, resta ignota.

Per contrasto si arriva a trattare anche la morte inaspettata, triste, dolorosa per chi resta, oppure cercata e voluta (il Giappone è uno dei Paesi con il più alto tasso di suicidi e la questione entra prepotentemente anche in molti romanzi, da NORWEGIAN WOOD di Haruki Murakami al recente IL PAESE DEI SUICIDI di Yû Miri)

Kawakami analizza molte altre tematiche legate al corpo della donna e lo fa con un accento di femminismo contemporaneo.

Nella preistoria, il maschio non sapeva nulla riguardo la paternità. Il bisogno di attribuire un padre ai figli nasce con la proprietà e serve a garantire la successione. Lo capiamo bene con la storia famigliare di Aizawa, figlio di ricchi borghesi di Tochigi. La matriarca della famiglia schiavizzava la nuora, arrivando a imporle una gravidanza; ma la violenza può essere ancora più brutale e fisica, come nella storia di Yuriko.

A ben guardare, in questo romanzo l’unica storia d’amore è quella tra Midoriko e Haruyama ma non si parla mai di sessualità in maniera sana.


Nel romanzo si percepisce anche l’importanza del non-detto. Bisogna considerare che in Giappone è abbastanza comune non esprimere direttamente le proprie idee e i propri sentimenti, ma il libro sottolinea l’incomunicabilità tra le persone che nasce da una società bombardata dai simboli e dagli stimoli sensoriali. Venendo da Ôsaka - una città grande ma comunque a misura d’uomoNatsuko si trova spaesata a Tôkyô. - megalopoli enorme in cui ogni quartiere è una città nella città. Il suo incontro / scontro è anche un’immersione / respingimento che ricorda Roland Barthes ne L’IMPERO DEI SEGNI e anche qui il gioco dei “SENSI” che diventano “SEGNI” non è casuale.

Nel corso degli anni, la protagonista si fa delle amiche ma non riesce a comunicare a pieno con loro (“Ho trovato i miei amici. Sono nella mia testa” cantavano i Nirvana, che la Kawakami cita espressamente). Secondo l’antropologo inglese Robert Dumbar, il numero massimo di relazioni che noi possiamo gestire è circa 150. In luogo come Tôkyô, che è costellato di non-luoghi come le stazioni e i konbini – viene tutto esasperato finché il contatto umano, per paradosso, si perde.

Nel romanzo sono nominati anche García Márquez e Lamù a segnare il clima surreale che sembra accomunare la narrativa contemporanea giapponese. Non ci sono gatti parlanti o due lune in cielo come in Haruki Murakami – grande sostenitore e “promoter” di Meiko Kawakami - ma dal punto di vista stilistico c’è la scorrevolezza tipica di Banana Yoshimoto (anche se i temi sono più arditi). Il romanzo `diviso in due parti, che erano in origine due libri separati (La prima parte BREAST AND EGGS  ha vinto il prestigioso premio Akutagawa).

 La prima parte, che si concentra sul seno di Makiko e sull'accettazione delle mestruazioni da parte di Midoriko, appare un po' tronca (completata solo da un riferimento nella seconda parte), La seconda parte narra l'epopea di Natsuko con la fecondazione assistita. Tutti i personaggi sono molto ben approfonditi dal punto di vista psicologico e ben inseriti nel contesto sociale. 

Il titolo internazionale SENI E UOVA è un po’ fuorviante perché chiaramente non si tratta delle uova che si mangiano (addirittura, sulla copertina dell’edizione spagnola c’è disegnato un uovo!): l’inganno nasce dal fatto che in inglese il termine “eggs” può significare anche “ovuli”. Il titolo giapponese NATSU MONOGATARI (Racconti d’estate”) gioca sulla parola “natsu” che significa “estate” ma è anche il diminutivo con cui viene chiamata la protagonista Natsuko.



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