LA TERRA DEL SOGNO
Mariana Campoamor, Mondadori
VOTO: 7.5
La
famiglia Masi parte da Milano per un avventuroso viaggio attraverso
le Americhe per stabilirsi infine in
Michoacán nel Messico
centrale. Come in ROVINE di Peter Kuper,m si fa riferimento alle farfalle monarca che percorrono migliaia di chilometri per arrivare in Messico dagli Stati Uniti. Dopo anni di indigenza, Aldo Masi sembra
aver trovato la manna: la coltivazione di indigofera,
una pianta da cui si ricava un colorante utilizzato nella lavorazione
del tessuto di jeans. Siamo nel 1892 e gli anni della povertà
sembrano un ricordo. La nascita della quartogenita segna una nuova
era, come il canto di un uccello che compare fuori stagione. Anche
Bettina – la governante – è incinta; le due bambine, nate a
poche ore di distanza sono unite da un legame speciale, come se
fossero sorelle, ma il padre di Karani – la figlia di Bettina –
deve rimanere segreto. Tutto pare andare per il meglio ma Aldo Masi
ha un sogno, un sogno che lì, nelle terre riarse del Messico, sembra
una follia; vuole coltivare riso!
Il
primo romanzo
della scrittrice
di origini messicane Mariana
Campoamor è davvero interessante sotto diversi punti di vista. In
primo luogo si parla dell’emigrazione italiana di fine Ottocento
ma, a differenza di altre autrici (come ad esempio Laura Pariani), ci
si focalizza sui ceti medio-alti. In
secondo luogo l’ambientazione è un Messico magico, dove convivono
i santi cattolici, gli dei indigeni e gli orisha afrocubani arrivati
da L’Avana.
Ne
deriva una bella saga famigliare, in cui tutti i personaggi sono ben
delineati e si respira un alone di incanto simile a quello che si
sente nei libri di Jorge Amado o in IL
COMANDANTE VENENO piccola gemma
sconosciuta del cubano Manuel Pereira. Infine
mi sono piaciute moltissimo tutte le figure femminili incontrate in
queste pagine: sono donne forti come Bettina o la cuoca africana
Mercedes, arrivata da Cuba (e prima ancora dalle coste della Nigeria,
parte dell’ultimo, vergognoso carico di schiavi), ma si intravedono
anche segni di frgilità emotiva, come ad esempio in Marianna, moglie
di Aldo, che sente di essere rimasta per tutta la vita dentro una
soffocante campana di vetro.
Si
percepisce l’intreccio affabulatorio dei racconti di famiglia uniti
a un grande lavoro di ricerca sull'inquadramento storico; i fatti
narrati vanno dal 1892 al 1910, un periodo di importanti cambiamenti
politici e sociali che portarono alla Rivoluzione Messicana. Le
spiegazioni sono forse un pochino lunghe, ma necessarie per capire
l’atmosfera di quegli anni; per il resto lo stile è fresco e si
inserisce bene nel filone della letteratura messicana al femminile,
che conta scrittrici come Ángeles
Mastretta, Laura Esquivel e – la mia preferita – María Amparo
Escandón. D’altronde Mariana Campoamor è
abituata a questo stile: nei suoi racconti ha tratteggiato
l’Imperatrice bizantina Ariadne e ha sfiorato anche Frida Kahlo
(un’icona culturale e un mito per la scrittrice, che si occupa
anche di arti figurative), mescolando
sempre elementi storici e fantastici.
Commenti
Posta un commento