L'AMICO IMMAGINARIO




Matthew Dicks, Giunti

VOTO: 10 E LODE
IL MIGLIOR LIBRO DELL’ANNO (PER ORA)!

Il protagonista de L’AMICO IMMAGINARIO è Max, un bambino autistico di otto/nove anni. Cioè no. Dico che Max è il protagonista ma in realtà la voce narrante è Budo, l’amico immaginario di Max. Devo chiarire meglio il concetto, nel modo semplice e disarmante in cui lo fa Matthew Dicks, autore di questo splendido romanzo: gli amici immaginari sono reali, ma lo sono in modo diverso dagli umani. Non possono toccare il mondo (o almeno così sembra inizialmente) e possono essere visti e sentiti solo dal proprio Amico Immaginante e dagli altri Amici Immaginari. Dicks ci descrive un popolo di angeli custodi dalle forme più bizzarre, alcuni più umanoidi di altri, e lo fa con l’immediatezza e l’innocenza di un bambino. Budo infatti ha le sembianze di un adolescente, è “l’amico immaginario più vecchio del mondo”, ha già sei anni e può staccarsi da Max e guardare la TV coi suoi genitori o girare per la città (ovviamente sempre non visto) ma è comunque stato creato da un bambino. È molto saggio e quindi si interroga costantemente sul significato dell’esistenza perché sa che un giorno Max smetterà di credere e lui scomparirà. Ha paura di non lasciare traccia.
Ma un evento imprevisto che metterà in serio pericolo Max renderà Budo l’amico immaginario più coraggioso della storia, una leggenda che verrà tramandata tra gli amici. Conosciamo Graham e poi Teeny e Summer e tanti altri; soprattutto Oswald il Gigante, l’unico ad avere un Amico Immaginante adulto e l’unico in grado di muovere gli oggetti nel mondo reale. E poi naturalmente ci sono i genitori di Max, le maestre e le persone che Budo incontra quando gironzola alla stazione di servizio del benzinaio. Dicks crea un mondo – una cittadina del Connecticut – e un inframondo ricchissimo in cui “ognuno è il Diavolo per qualcun altro”, parafrasando una vecchia ballata che parla di “danzare con il Diavolo sotto la pallida luce della luna”. Lo storyteller americano aggiunge alla miscela un pizzico di Sartre (ricordate la famosa citazione: “L’Inferno sono gli altri”?) e di Nirvana. Già, perché il nome Budo ricorda da vicino Boddah, l’amico immaginario di Kurt Cobain, che viene citato anche nella tristissima ultima lettera.

Il libro di Dicks è straordinario. Come ho già detto, il modo infantile con cui ragiona Budo e il suo eloquio sono assolutamente credibili. È una cosa rara nei romanzi: in genere gli autori si inventano espedienti che fanno in modo che il protagonista, pur essendo un bambino, sia dotato di un intelletto superiore alla media (vedi ad esempio Murakami o L’ISTITUTO di Stephen King). Inoltre, penso che anche l’autismo sia affrontato bene: Max è un autistico “funzionale”, ma ha alcuni problemi e paure e ogni tanto “si blocca”. Ho letto questo libro dopo aver visto la serie di Netflix ATYPICAL e credo che Dicks sia stato davvero bravissimo nel tratteggiare il carattere chiuso di Max, che “vive quasi tutto dentro”; mentre la particolarità sociale di Sam Gardner nella serie è trattata un po’ troppo all’acqua di rose.

L’AMICO IMMAGINARIO è un libro dinamico, tenerissimo e profondo che non lascia indifferenti.

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