MUSEUM






Javier Sáez-Castán / illustrazioni di Manuel Marsol, Orecchio Acerbo

VOTO: 8

MUSEUM (scritto MVSEVM) è la mia prima esperienza con un cosiddetto silent book, ossia un libro in cui la narrazione si avvale solo delle immagini e non delle parole. Avevo già avuto tra le mani qualcosa di molto simile con CARA ZIA AGATHA di Beatriz Martín Vidal (sempre edito per Orecchio Acerbo), dove il testo è ridotto al minimo. l’autrice spagnola è in effetti specializzata in “libri silenziosi” (ho intenzione di acquistare PÁJARO, un libro sulla crescita e il cambiamento).
Tuttavia lo stile grafico di Beatriz Martîn Vidal è molto diverso da quello che Manuel Marsol, che satura l’illustrazione di colori vividi.
La storia illustrataci da Manuel Marsol su concetto di Javier Sáez-Castán ricorda un po’ l’idea di SOGNI di Kurosawa, nell’episodio dedicato ai Corvi di Van Gogh. E un quadro di Van Gogh compare effettivamente nel Museo. Ma andiamo con ordine.

Un Uomo sta viaggiando sul suo furgoncino rosso quando il motore va in panne. Non ci sono case nei paraggi se non un Museo che ricorda moltissimo una delle ville di Edward Hopper. Invitato dal cartello che recita “Come in! We’re now open” (con un collocazione di parole che mi pare marcato, se non proprio errato), l’Uomo entra e comincia a vagre per i corridoi. Si accorge allora che alla parete è appeso un quadro intitolato “Self Portrait” che mostra il suo furgone lungo la strada e l’edificio bianco del Museo sulla collina.
Non voglio dire altro, perché la storia è breve e rischierei di rovinarla facendo spoiler.

La prima domanda che mi sono posta è: chi è l’autore del “Self Portrait”? Ho cercato un po’ su internet e ho capito: l’Uomo è lo stesso Hopper. Tuttavia nella galleria non vediamo solo opere del pittore americano. Appesi lungo i corridoi ci sono Rousseau, Magritte e Van Gogh.
Il Museo chiude e l’Uomo / Hopper si imbatte nel Guardiano (una tigre di Rousseau). Come potrà scappare?
Protagonista femminile di questa breve storia è Cathy, una donna che è ritratta in un quadro con un pappagallo in una gabbia. Non ho trovato molti possibili riferimenti artistici a parte un’opera di Renoir intitolata “Lady with parrot”. Ovviamente il mood che l’artista francese ci comunica è totalmente diverso: tanto realistico e ottocentesco quanto lo stile di Marsol è fauve. Tuttavia mi pare che in entrambi i casi il rapporto che intercorre tra la donna, l’uccello e la gabbia sia fondamentale. Mi spiego: ho appena finito di leggere il quattordicesimo volume del manga BUNGÔ STRAY DOGS di Kafka Asagiri e Sangu Harukawa. Qui compare per la prima volta il personaggio del pagliaccio Gogol’ che dice: “Gli uccelli nati in gabbia non si accorgono di essere prigionieri. Muoiono felici tra le sbarre … Senza neppure sapere di non essere stati liberi”; e poi prosegue commentando che noi umani abbiamo una nostra gabbia che si chiama cranio. Ora, mi pare che questo chiarisca verbalmente ciò che avviene nel libro di Sáez-Castán e Marsol (chiaramente non dirò cosa capiterà al pappagallo della storia!). È la chiave per capire il senso profondo di MUSEM: come in SOGNI di Akira Kurosawa, l’intera avventura è una proiezione interiore / esteriore della mente dell’Uomo. Lo si capisce analizzando l’importanza dello sguardo in questa narrazione figurata
Innanzitutto gli occhi dell’Uomo . Sin dalla copertina, ci colpiscono nello specchietto retrovisore, come il particolare di un film anni Cinquanta. Poi all’interno del Museo troviamo “L’Occhio con nuvole” di Magritte, ma duplicato (una tela ad ogni lato della porta d’ingresso). Gli occhi di Magritte si spostano marcando le scene. È chiaro che si sta parlando dell’interiorità dell’Uomo, di cui la casa-museo è la personificazione come avveniva in L’INCUBO DI HILL HOUSE di Shirley Jackson o in SHINING di Stephen King, suo omologo contemporaneo.

A livello puramente visivo, sono i colori a colpire chi guarda il libro. Marsol usa sapientemente i complementari per far risaltare gli elementi della scena; azzurro e arancione (la tigre nei corridoi del Museo); ma prima di tutto il rosso del camioncino nel verde della campagna che ha un impatto almodovariano sulla percezione.

MUSEUM è una storia sorprendente. Se pensate che un silent book sia qualcosa che si sfoglia distrattamente in un momento, vi sbagliate. Qui ogni pagina invita a un’osservazione profonda, prolungata e ripetuta dei dettagli.

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