LEVIUS
LEVIUS
è una nuova serie anime di Netflix doppiata in italiano.
Andiamo
con ordine. Siamo in un mondo dai toni steampunk diviso in sette
continenti. L’anno è il 1842 della Nuova Era. La guerra per il
controllo della cosiddetta acqua di Agartha è finita da cinque anni
e Levius ha perso molto nel conflitto. Durante l’attacco a
Greenbridge – la sua città natale suo padre è morto e sua madre è
rimasta gravemente ferita e ora è in coma. Come se non bastasse
Levius ha anche perso il braccio sinistro e porta una protesi di tipo
medico.
Levius
va a vivere da suo zio Zack, un ex pugile, che lo instrada al mondo
del pugilato meccanico, uno sport in cui si sfrutta l’acqua di
Agartha per produrre iper-vapore che muova gli arti meccanici degli
atleti.
Nell’anime
assistiamo a vari combattimenti di Levius nel
cosiddetto grade 3 (G3) fino all’incontro per la promozione
alla G2. Si dovrà scontrare con un’avversaria temibile A.J.,
talmente forte da non sembrare umana. La ragazza è sponsorizzata
dall’industria bellica Amethyst il cui presidente è il folle Jack
Pudding, detto Dottor Clown perché porta sempre una maschera.
Nel
manga questo personaggio è visivamente molto diverso, davvero simile
a una pagliaccio con tanto di naso rosso; mentre nell’anime il suo
aspetto è molto più elegante poiché indossa una maschera veneziana
che gli copre metà del viso. Tuttavia, pur essendo più misurato e
sobrio, la sua ideologia resta assurda: la lotta e la violenza
mortale come suprema bellezza.
Il
messaggio veicolato da LEVIUS è quindi
delicato e facilmente fraintendibile. Una lettura superficiale
potrebbe suggerire che “La Violenza è bella” ma ad una visione
più consapevole risulta chiaro che non è così. Nell’anime (e
ancora più marcatamente nel manga) esistono due tipi di scontro:
quello brutale e su scala macroscopica – la guerra – che genera
vittime innocenti, distruzione e rovine, e quello volontario e
controllato, praticato come forma di danza catartica. Certo, la
perfezione dei movimenti e la natura non-artificiale dello scontro
sul ring può portare alla morte, ma questa sarà comunque una fine
onorevole, che pone fine ad una altrettanto onorevole ricerca (“È
meglio bruciare che spegnersi lentamente” dissero Neil Young e Kurt
Cobain). Anche se i combattimenti della Federazione sono altamente
irrigimentati e gli atleti sono sottoposti a scupolosi controlli, il
boxare rappresenta la sublimazione del trauma della guerra appena
finita (anche in ALITA è così). Non è
la stessa cosa che in FIGHT CLUB
di Palahniuk (film di David Fincher, 1999) perché in quel caso gli
incontri. Sebbene strutturati, sono clandestini. Tuttavia penso che
in entrambe le storie i contendenti raggiungano un certo grado di
catarsi e di fuga dalla realtà (un dolore fisico per scacciarne uno
psicologico). Diventare forti “distruggendo qualcosa di bello”
come il protagonista di FIGHT CLUB
fa con il ragazzo biondo.
Naturalmente
l’affermazione di Levius: “Devo salvare A. J. coi miei pugni”
va interpretata. Infatti, si capisce chiaramente che la giovane è
manipolata e condizionata dal Dottor Clown. Addirittura, quando
mostra tutta la sua potenza, il suo volto si trasfigura e sembra
Nancy che, nella serie messicana DIABLERO, viene posseduta dai
demoni. In tutt’e due i casi, i demoni sono quelli interiori e
l’amore può essere apparentemente brutale.
Il
Dottor Clown dice che A. J, è la sua figlia adottiva ma in lui non
c’è vero affetto. Si tratta solo dell’infatuazione di un
collezionista per un bel oggetto e non ci viene detto nulla della
vera famiglia di A. J. (mentre nel manga si scopre che fine hanno
fatto suo padre e suo fratello).
Dall’altro
lato abbiamo la squadra di Levius: Zack e poi Natalia, una pugile
senza casa che fa da sparring partner e Bill, un ingegnere meccanico
di prima categoria, e infine, a latere, la nonna come presenza
bonaria o nume tutelare. Questa è davvero una famiglia perché se ne
percepisce il calore e l’affetto, senza però che ci sia l’elemento
romance che banalizzerebbe tutto.
Diversi
anime e manga hanno trattato il tema della boxe affiancandolo a
concetti come l’amicizia – basti pensare a ROCKY JOE di
Asao Takamori - che a me non è piaciuto -
o RAINBOW di George Abe e Masasumi Kakizaki - che invece ho
trovato molto profondo - o ancora il capolavoro
sui generis BLUE FIGHTER di Jirô
Taniguchi
L’aspetto
più bello dell’anime è senz’altro il colore, che ovviamente
manca nel manga e qui invece contribuisce a dare levità ai
personaggi. Voglio usare proprio questa parola – “levità” –
perché “Levius” in latino significa “più leggero”. Sono
tinte tenui, che riflettono benissimo la luce e sembrano anzi esse
stesse composte di luce, sulla pelle, sui capelli, ma soprattutto
negli occhi. Quelli di Levius e di A. J. sono blu ma non è un colore
freddo. Sono occhi blu “gloriosi e vulnerabili”, per dirla come
Palahniuk. l’occhio sano del Dottor Clown sono grigi, di un grigio
metallico, mentre l’altro è fisso e spento come quello di una
bambola. E Natalia? Stupendi occhi color ambra che ricordano quelli
di Edward Elric (Fullmetal Alchemist): occhi di un maledetto o
di un prescelto, tanto che mi chiedo se ci saranno future rivelazioni
riguardanti Natalia (nel manga, N non compare nel primo ciclo, quindi
non so dire quanto la sua storia nell’anime sia aderente al copione
originale di Haruhisa Nakata, che introduce Natalia solo nel secondo
arco narrativo, quello intitolato LEVIUS EST). E per finire gli occhi
di Zack; uno è di un blu profondo, l’altro è coperto da una lente
speciale perché corre il rischio di essere lesionato dalla luce
diretta.
In
realtà, anche nel manga ci sono pagine a colori ma sono molto più
cupe, in accordo con l’atmosfera da Rivoluzione Industriale.
Nell’anime, questi toni fumosi sono riprodotti per rappresentare la
città (che ovviamente riecheggia una Londra vittoriana) e sono in
contrasto coi colori caldi – direi “disperati” - che
caratterizzano i ricordi della guerra.
Nell’anime
un altro elemento cromatico / visivo molto importante sono i lividi
che, sulla pelle diafana dei protagonisti (soprattutto per quel che
riguarda Levius) risaltano in modo molto realistico e ricco di
sfumature.
Il
manga è un po’ più complesso dell’anime perché ci viene
spiegato meglio il world building. Inoltre ci sono alcuni dettagli
diversi che secondo me sono significativi: innanzitutto A. J. nel
manga è muta e poi l’incontro finale non è per la promozione al
G2 ma al G1, cioè una sorta di Olimpo composto da 12 ( più 1)
combattenti divinizzati. E poi c’è il background relativo alla
famiglia naturale di A. J.
In
definitiva quindi, l’anime di LEVIUS mi è piaciuto
moltissimo per quel che riguarda i colori e la luce ma meno per
quanto riguarda la storia. Bisogna infatti stare molto attenti a
recepire il messaggio del Dottor Clown come chiaramente folle.
Il
mondo e la struttura sono molto simili a quelli proposti in ALITA
ma ovviamente il disegno di Yukito Kishirô
è molto molto diverso da quello di
Nakata, dato che ALITA è un manga degli anni Novanta e
risente quindi dello stile grafico del periodo; inoltre ALITA
è molto chiaramente cyberpunk, e non steampunk come
LEVIUS
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