IL MESTIERE DELLO SCRITTORE
Haruki Murakami, Einaudi
VOTO: 7.5
IL
MESTIERE DELLO SCRITTORE è un saggio sulla scrittura ma non temete:
niente difficili paroloni accademici e niente teorie sterili sulla
(aperte virgolette) “scrittura creativa” (chiuse virgolette).
Lo
stile di Murakami è quello fresco e veloce del racconto di vita.
Leggendo queste pagine, vediamo lo scrittore / personaggio seduto al
tavolo della cucina circondato di fogli e con una tazza di caffè; lo
vediamo tornare a notte fonda dal lavoro al jazz-bar e dedicarsi alle
sue storie; lo vediamo ancora ragazzo sul pendio erboso di uno stadio
da baseball, guarda le nuvole e ha un epifania.
Vi
aspettate di trovare qui la chiave per capire il misterioso, ermetico
mondo di Murakami? Vi sbagliate! l’autore odia dare
spiegazioni sui suoi romanzi (ad Alba erano vietati foto e video;
nessuna domanda e niente firma-copie), forse perché è come se, una
volta consegnati all’editore, li avesse liberati – come figli
pronti ad andare per il mondo. O forse perché, come faceva dire
Skármeta al postino che
si rivolgeva a Neruda, “la poesia è di chi la legge e non di chi
la scrive”. E poi, un brano che si presenta in una forma può
assumerne un’altra col passare del tempo, con diverse
stratificazioni di significato, di modo che “come lo scrittore crea
il romanzo, così alcuni romanzi riescono a creare certi aspetti
dello scrittore” (p. 144) …. Su questa frase potremmo aprire una
parentesi infinita sui libri che ci assorbono facendoci diventare
parte della storia o, come direbbe Jay Kristoff con una delle mie
citazioni preferite “The books we love, they love us back. And just as we mark our places in the pages, those pages leave their marks on us"
É
difficile immaginare il “lettore medio”. La parte più carina del
libro descrive la porzione trasversale di popolazione che legge i
libri di Murakami: l’autore racconta di aver scoperto che in alcune
famiglie lo stesso suo romanzo è letto da tre generazioni. È ovvio
che ci siano varie interpretazioni.
Nessuna
spiegazione dunque sui gatti che non sono gatti e i pozzi che non
sono pozzi, ma il lettore potrà scoprire il meccanismo nascosto e
più intimo dello stile di Murakami, ovvero quel doppio passaggio
funambolico dal giapponese all’inglese e di nuovo al giapponese,
che a volte fa suonare una frase come una traduzione. Scopriamo anche
alcune delle influenze letterarie di Mr. Haruki (anche se i più
attenti già le avevano rintracciate nei libri): Chandler,
Fitzgerald, Carver e, tra i giapponesi, Natsume, ma il libro è una
vera miniera di citazioni e i veri amanti di Murakami si
sguinzaglieranno per le biblioteche alla ricerca degli scrittori più
dimenticati. L’autore parla del suo modo di scrivere metodico ma
anche libero come il free jazz. Quindi, la domanda che avrei voluto
fargli venerdì 11 ottobre ad Alba era: “Cosa pensa del sistema
produttivo (se così lo vogliamo definire) che sta dietro al mondo
del manga mainstream, fatto di date di consegna perentorie e sondaggi
di gradimento?”
La
parte sui premi letterari è forse la meno riuscita perché,
nonostante tutti i tentativi di giustificarsi, sembra eccessivamente
polemica, specie alla luce del mancato ottenimento del Nobel che
ormai è quasi una (amara) barzelletta. Murakami dice che, in caso
dovesse ricevere il Premio, se ne starebbe al bar a bere una birra;
ma sarebbe la verità?
Ci
si chiede poi se la scrittura e la lettura siano atti solitari.
Certo, perché occorre molto tempo in solitudine di fronte alla
tastiera per creare e correggere un testo, ma è utile anche sentire
la voce dei lettori, modificare ciò che scricchiola,..
Un
buon romanzo è la combinazione di improvvisazione e lima. La parte
più bella ed emozionate della lectio magistralis piemontese di
ottobre è stata quella in cui Murakami ha utilizzato la metafora
platonica della caverna per spiegare come il narrare illumini le
menti fin dai tempi più antichi.
![]() |
Murakami ad Alba riceve il Premio Lattres Grinzane 2019 |
Mi
è venuta voglia di leggere altri saggi sulla scrittura:
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