SHANTARAM




Gregory David Roberts, Neri Pozza

VOTO: 8.5

SHANTARAM è un libro controverso: o lo si odia o lo si ama. Certo, pensare che sia una autobiografia risulta arduo come nel caso di EDUCAZIONE SIBERIANA di Lilin. È possibile che un solo uomo abbia vissuto tutte quelle avventure? Lin (è un nome falso), detto anche Shantaram (che significa “colui che costruisce la pace) è evaso da un carcere di massima sicurezza in Australia e si rifugia in India, in una coloratissima Bombay nel pieno del boom di Bollywood e alcuni indizi storici – primo fra tutti l’omicidio di Indira Gandhi – ci fanno capire che sono gli anni Ottanta. Grazie all’amicizia con il tassista Prabaker, inizia a vivere in uno slum dove diventa medico dei poveri (pur non avendo nessuna laurea in medicina), e entra in contatto con il sottobosco della malavita della città e con un mondo di strani, affascinanti personaggi: indiani, asiatici di altri Paesi e anche alcuni gora (stranieri bianchi). Tra questi ultimi Didier – francese – Modena – spagnolo – Karla – svizzera-americana – e Lisa – statunitense.
Gli intrecci e le storie sono molteplici, i fili da seguire numerosissimi. Persino diverse avventure divertentissime con un orso ammaestrato e la guerra russo-afghana.

Lo stile di scrittura è davvero scorrevole e coinvolgente. Sono quasi 1200 pagine ma si bevono come un bicchier d’acqua! Però ho riscontrato un difetto, che è quello che fa sì che alcuni detrattori detestino il libro: troppo spesso si cade in metafore banali o nella filosofia spicciola da baraccone!

Per il resto è un romanzo perfetto. Si entra subito in totale empatia coi personaggi, specie Prabaker col suo grandissimo, contagioso sorriso; e lo stesso Lin. Viene voglia di sapere cosa è successo al protagonista prima del suo arrivo in India perché le informazioni a riguardo sono sapientemente dosate con il contagocce.
E c’è anche un risvolto noir quando l’organizzazione di cui entra a far parte Lin deve fronteggiare la minaccia di un pazzo assassino che si fa chiamare Sapna (che significa “sogno”). Tra le innumerevoli ricchezze di questo romanzo, c’è anche quella linguistica: Lin ovviamente è anglofono e quindi viene identificato come genericamente “Inglese” (non si sa se con spregio o con un residuo di ammirazione) o tutt’al più “Americano”. MAI come “Australiano” o come “Neozelandese” (nessuno sa dove sia la Nuova Zelanda, Paese di cui Lin presenta il passaporto!). Vivendo per anni nello slum e visitando perfino un villaggio rurale, Lin però ben presto impara il marathi (la lingua dello Stato di cui Bombay / Mumbai è capitale) e naturalmente l’hindi; e ci sono alcune piccolissime incursioni nel francese di Didier e nel tedesco di Karla.

Non poteva mancare una parte romantica, con un bellissimo momento a Goa che contrasta vivamente con il lungo interludio in un carcere indiano e con la crudeltà della guerra in Afghanistan e delle strane, losche compravendite umane che si portano avanti nel sottomondo della città brulicante di vita.
In tutto questo, Lin appare senza dubbio come un eroe del popolo, ma non è di certo senza macchia. Non dimentichiamoci che il nostro protagonista è il primo a trafficare in cose illegali, ma lo fa sempre spinto da una buona causa (fa “la cosa sbagliata per il motivo giusto”).
Maqbool Fida Husain - Woman playing sitar (1986)

In un libro così lungo, i personaggi secondari sono una schiera variopinta ma ognuno risulta ben caratterizzato grazie a estese parti di approfondimento individuale.

Nel complesso è un romanzo super consigliato nonostante – come ho già detto – sia un po’ troppo pretenzioso ogni tanto.
Il progetto per il film, diretto da Mira Nair e prodotto da Depp è stato cancellato nel 2009


Consapevole che l’adattamento cinematografico che doveva essere nelle mani di Johnny Depp non uscirà mai, sono curiosissima di leggere il seguito: un altro corposo volume intitolato L’OMBRA DELLA MONTAGNA che è uscito pochi anni fa

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