VOLTI NELLA FOLLA
Valeria
Luiselli, La Nuova Frontiera
VOTO:
8
Ho
letto VOLTI NELLA FOLLA spinta dal desiderio di conoscere
meglio il cosiddetto Rinascimento Messicano che ha un motore
tutto femminile. D’altronde non c’è da sorprendersi: le donne
nell’arte messicana hanno sempre avuto un ruolo fondamentale, basti
pensare a Frida Kahlo, Chavela Vargas o Tina Modotti …
Il
romanzo di Valeria Luiselli è breve ma molto intenso, con paragrafi
che sono pensieri, piccoli momenti che l’autrice fissa sulla carta
come una nuova Emily Dickinson. E lo dice esplicitamente: la
narratrice deve essere come la poetessa americana, sempre chiusa nel
suo spazio privato; o forse deve essere la sua antitesi: una ragazza
che non sopporta di vivere nella propria casa ed è in perenne fuga
da se stessa.
È interessante notare che, nonostante il romanzo si svolga su diversi piani temporali tra Messico e Stati Uniti, manca completamente la visione sociale ovvero l'autrice non tratta per niente la problematica della Frontiera (con la "F" maiuscola).
È interessante notare che, nonostante il romanzo si svolga su diversi piani temporali tra Messico e Stati Uniti, manca completamente la visione sociale ovvero l'autrice non tratta per niente la problematica della Frontiera (con la "F" maiuscola).
La
storia si svolge su più livelli e per questo a volte non è facile
da seguire.
Primo:
La protagonista si trova a New York e lavora per una casa editrice,
alla ricerca di scrittori messicani di nicchia da tradurre e
pubblicare.
Secondo:
In questa veste scopre le opere di Gilberto Owen e inizia un
romanzo in cui è lui a parlare. Ci spostiamo allora nella Grande
Mela del 1929, alla vigilia della Depressione e Owen è ossessionato
dal fantasma vivente di Ezra Pound.
Terzo:
Ci troviamo a Città del Messico. Sono passati degli anni e la nostra
protagonista ha una famiglia: un marito architetto, un figlio e una
bambina piccola.
Quarto:
Il livello della realtà. Tutto ciò che abbiamo letto
precedentemente è meta-letteratura. Il marito prende in mano i fogli
dei due romanzi che la moglie / protagonista sta scrivendo (quello
che ha come narratrice lei stessa, la traduttrice di Owen, e quello
in cui è Owen a parlare.
Dato
che questi quattro piani si intersecano continuamente, non è sempre
facile seguire il filo dei diversi discorsi, anche perché la
struttura è volutamente frammentaria: per ammissione della
scrittrice, questi sono i pensieri di una donna molto impegnata –
una moglie e una madre – che non ha molto tempo da dedicare alla
stesura dei suoi romanzi.
Il
linguaggio è il punto di forza del libro: siamo di fronte a uno
stile molto poetico, con pause che per l’appunto ricordano la
Dickinson, anche se non ci sono i tipici trattini di sospensione.
Persino il titolo viene da una poesia americana: “The apparition of
these faces in the crowd; / Petals on a wet, black bough”1
![]() |
Madison Square Park in New York City, in early 1920's by Thomas Hart Benton |
Ho
apprezzato perfino la scelta di non tradurre le parti in inglese o in
spagnolo, perché esse donano musicalità al testo, quasi si
trattasse di una canzone: il significato delle parole è certamente
importante ma non è tutto anzi, non è la componente fondamentale.
Gli
amici un sballati della protagonista quando lei si trova a New York
sono interessanti e danno un po’ di freschezza a un romanzo che
altrimenti sarebbe troppo introspettivo (io mi sono soffermata spesso
sulle pagine).
Conosciamo
due persone che qualche volta fanno sofa sharing con la protagonista:
Moby, con cui lei ha una storia di sesso, e Dakota, un’altra
ragazza in cerca di se stessa. Ho avuto il dubbio se il nome dell’umo
non fosse l’ennesimo omaggio alla letteratura statunitense (penso
ovviamente a MOBY-DICK) ma potrebbe essere un richiamo al
musicista Moby (che dice di essere discendente di Melville!). E
Dakota? Anche qui le possibilità che mi sono venute in mente sono
due: potrebbe trattarsi semplicemente di un nome americano
sofisticato oppure potrebbe essere un omaggio all’attrice Dakota
Fanning (e infatti io immagino il personaggio di Dakota con le
sembianze di Jane Volturi di TWILIGHT (ci tengo a precisare
che io non ho mai letto la saga né visto i film!).
In
fondo secondo me ci sono dei riferimenti nascosti al cinema, oltre a
quelli espliciti alla letteratura: ho rivisto LÉON
di Luc Besson nel fatto che la protagonista salvi un alberello morto
che rievoca la pianta posseduta da Owen.
![]() |
Mexico City from San Cosme by Currier & Ives |
Un
libro che consiglio, anche se va letto con una certa concentrazione.
Per questo motivo forse non è un libro per tutti: la sua difficoltà
non sta nei riferimenti culturali (che si possono cogliere o meno) ma
nella struttura narrativa.
Piccolo post scriptum: personalmente preferivo la vecchia copertina, su cui c'era una ragazza ferma su un binario con la sua valigia; quella nuova - che è una semplice Skyline di New York - non rende giustizia alla componente messicana del romanzo (anche se è vero che la parte latino-americana si svolge principalmente tra le mura domestiche, a differenza della parte statunitense). Però trovo che non ci sia stato dietro molto lavoro di ricerca grafica, tanto che l'immagine somiglia a quella sulla copertina di MI CHIAMO LUCY BURTON di Elizabeth Strout
Piccolo post scriptum: personalmente preferivo la vecchia copertina, su cui c'era una ragazza ferma su un binario con la sua valigia; quella nuova - che è una semplice Skyline di New York - non rende giustizia alla componente messicana del romanzo (anche se è vero che la parte latino-americana si svolge principalmente tra le mura domestiche, a differenza della parte statunitense). Però trovo che non ci sia stato dietro molto lavoro di ricerca grafica, tanto che l'immagine somiglia a quella sulla copertina di MI CHIAMO LUCY BURTON di Elizabeth Strout
1“L’apparizione
di quei volti nella folla; / Petali su un ramo
bagnato e nero” (Ezra Pound)
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