LA DONNA DEL CLUB 49
Patrick
Holland, O barra O Edizioni
VOTO:
7.5 per la trama
8.5
per la scrittura
C’è
stato un periodo in cui ho amato i libri ambientati in Vietnam.
Quella dell’antica -Indocina è una storia complessa che noi in
Occidente conosciamo a malapena, purtroppo. Partendo da Graham Greene
(UN AMERICANO TRANQUILLO) possiamo avere un quadro abbastanza
preciso di ciò che avvenne: i francesi prima; gli americani poi; e
dopo la violenza e la povertà e il tentativo di risollevarsi.
È
su questa ultima fase che si concentra Patrick Holland in questo
romanzo.
Joe
è un giornalista australiano in Vietnam. È alla ricerca di una
ragazza che aveva conosciuto anni prima, ma poi lei è stata venduta.
È una cosa triste e disumana che ci viene presentata come normale,
come se la gente fosse ormai assuefatta a questa barbarie e fosse
soltanto sfiorata da queste storie di ordinaria disperazione.
Un
giorno Joe trova Thúy in un
bordello e cerca di salvarla, ma la ragazza è anche
tossicodipendente e un giorno viene portata via per essere di nuovo
venduta. In Laos o forse in Cina. Qui inizia la seconda parte di LA
DONNA DEL CLUB 49, un
racconto avventuroso che diventa diario di viaggio in cui l’autore
nomina diversi luoghi e città attraversate – con la malia
dell’affascinante grafica del vietnamita e
la fascinazione del viaggio. In un attimo il protagonista si
trasforma in un eroe senza macchia, pronto a salvare la bella
damigella in pericolo. Ma non c’è niente di puro: non sarà che
Joe cerca di assolvere se stesso per la disparità che sente immerso
in questo mondo?
Si
sente fortissimo l’influsso di Greene ma lo stile di scrittura è
più poetico. Luminoso anche nei momenti più cupi. Non
mancano i momenti romantici, che però non sono mai stucchevoli: ci
si chiede quale sia la vera natura del rapporto tra Joe e Thúy
perché si avverte in ogni momento una certa disparità portata dal
dislivello socio-economico.
“Amo
solo te, fratello. E tu amerai sorella senza condizioni?” “Esiste
qualche altro tipo di amore?”
E
pensai che forse il dolore che mi stava causando mi avrebbe redento
dalle cose che avevo fatto
Holland
mette a frutto gli anni passati in Oriente – tra Vietnam, Yunnan e
Giappone – per scrivere un vero romanzo, mentre TRENI
IN CORSA NELLE NOTTI DI KYOTO
era un libro di viaggio, che raccoglieva impressioni, curiosità e
aneddoti su vari luoghi nella vasta geografia asiatica.
Devo
ammettere che il “mistero” che Thúy, legato al locale in cui
lavora, è piuttosto prevedibile; o almeno, io lo avevo capito quasi
subito ma ci saranno ulteriori sviluppi che invece non sono intuibili
e, una volta spiegati, mettono in luce il significato profondo del
libro.
Anche
i personaggi secondari sono interessanti e con una psicologia
complessa. Nessuno è totalmente buono o totalmente cattivo.
Se
dovessi cercare un termine di paragone al di là di Greene (che
l’autore cita apertamente tra le sue influenze), ricorderei
SHANTARAM
di Gregory David Roberts. In primo luogo, anche in questo caso si
parla di uno scrittore australiano in Oriente (in India) e anche qui,
in mezzo a mille altre mirabolanti avventure, c’è una storia di
prostituzione e di riscatto. Lin salva l’americana Lisa Carter, una
ragazza drogata e costretta a lavorare in un terribile bordello.
Robets indugia meno sulla
brutalità anche se all’inizio Lin visita una stanza in cui si
vendono bambini che mi ha ricordato molto il Club 49 o anche –
cambiando completamente contesto – la “stanza oscura” da cui Brona Croft / Lily Frankestein in PENNY
DREADFUL porta via la prima "prescelta" (il paragone
fa pensare che le bassezze dell’Uomo non hanno né Spazio né Tempo
né ceto) Persino nello
stile ho trovato qualche analogia tra
SHANTARAM
e CLUB 49,
anche se Roberts fa più voli pindarici.
Commenti
Posta un commento