IL GIARDINO SEGRETO
Frances
Hodgson Burnett (la mia edizione è Einaudi)
VOTO:
8
Oggi
vorrei parlarvi di un grande classico per ragazzi: IL GIARDINO
SEGRETO di Frances Hodgson Burnett.
Non
mi soffermerò troppo sulla trama, che penso sia nota a tutti per via
della trasposizione cinematografica (1993) e dell’anime (MARY E
IL GIARDINO DEI MISTERI, 1991)
Mary
Lennox ha nove anni ed è cresciuta in India, figlia di genitori
inglesi, ma resta orfana a causa di un’epidemia di colera e deve
tornare in Inghilterra, affidata alle cure di suo zio, Archibald
Craven.
Nella
vecchia tenuta di Misselthwaite – nello Yorkshire – scoprirà
tanti misteri e troverà degli amici che la aiuteranno in un percorso
di crescita personale. Infatti, all’inizio del libro Mary è
scontrosa, scorbutica e viziata ma le giornate nel giardino con
Dickon e Colin e la compagnia della sbarazzina cameriera Martha la
faranno cambiare sia psicologicamente che fisicamente. Per motivi
personali non ho molto apprezzato la reiterazione del messaggio
“grassoccio è bello” su cui l’autrice torna con molta
insistenza. Non dimentichiamo che il romanzo originale fu scritto nel
1911, nel cuore dell’Età Edoardiana (che dovrebbe finire nel 1910
ma convenzionalmente viene estesa fino al 1912, anno
dell’affondamento del Titanic). Dopo l’austerità dell’epoca
vittoriana, il regno di Edoardo aveva segnato la nascita di una
società più festosa e alla moda, quindi si spiega la freschezza di
scrittura de IL GIARDINO SEGRETO e la persistenza del tema del
cibo. Ho percepito anche una certa simpatia per l’idea di un
ritorno alle origini: la vita rurale di Martha e Dickon con la madre,
il padre e altri dodici (!) fratelli in una capanna nella brughiera è
descritta in maniera idilliaca, ben lontana dai drammi della povertà
di certi libri irlandesi come LE CENERI DI ANGELA di
Frank McCourt. Con la loro parlata dialettale – che in traduzione
non è stata resa in modo particolare (mi piacerebbe vedere
l’originale) – e le loro scorribande nella landa piatta della
brughiera, i personaggi sembrano felici e sereni, parte integrante
della Natura, con la quale riescono a comunicare. Una delle parti più
belle del libro è quella dedicata a Dickon, un ragazzino di poco più
grande di Mary, che viene presentato come un incantatore magico, in
grado di parlare con gli animali. Le sue mascotte sono il corvo
Fuliggine e la volpe Capitano e poi c’è l’intelligentissimo
pettirosso amico del giardiniere, che sarà una sorta di Virgilio per
la piccola Mary. Essendoci già tanti personaggi animali graziosi,
non ho capito la necessità di inserire nell’anime un altro
cucciolo: la gattina Patty.
Nel
libro mi sono piaciuti molto i membri della servitù della tenuta:
Martha, così giovane e spontanea e il giardiniere Ben Weatherstaff,
burbero dal cuore d’oro (tra parentesi, non penso sia un caso che
nel cognome dell’uomo compaia la parola “Weather” che in
inglese indica il tempo atmosferico: l’anziano, con i suoi
reumatismi e il suo lavoro con la nuda terra, è infatti molto legato
ai cicli stagionali.
Poi,
come in tutte le vecchie magioni che si rispettino, c’è una
governante, la signora Medlock: la donna è un personaggio davvero
interessante. Non si tratta della solita figura bisbetica e arcigna.
All’inizio potrà sembrare così, perché si dimostra severa con
Mary, ma in realtà è buona e anche lei ogni tanto si lascia andare.
La sua controparte è Susan Sowerby, la madre di Dikon e Martha, che
con la sua sapienza contadina, è forse uno dei miei personaggi
preferiti del libro.
Conoscendo
tutte queste persone, Mary matura e prende coscienza del fatto che
gli uomini e le donne che lavorano nella casa non sono subordinate a
lei, non sono inferiori da trattare dall’alto in basso: così viene
sottilmente affrontato anche il tema del razzismo e della
discriminazione di classe perché ci viene detto più volte come in
India gli inglesi trattassero con sufficienza e regale disprezzo i
servitori indiani.
Le
descrizioni paesaggistiche e naturalistiche sono davvero molto belle
e si sente l’amore della Burnett per le piante. nell’ultima parte
questo si traduce in un messaggio che appare a prima vista
cristianizzante – e quindi a mio avviso un po’ pesante – ma in
realtà secondo me va letto in maniera quasi panteistica: c’è sì
un dio, una forza misteriosa e bellissima nella Natura che
rifiorisce, ma non deve per forza essere il Dio con la D maiuscola.
IL
GIARDINO SEGRETO mi è piaciuto per la narrazione che, come ho
già detto è fresca e gioiosa, in antitesi coi canoni della
letteratura gotica, le cui storie sono spesso ambientate in cupe
ville di campagna inglesi. A questo proposito ho trovato dei punti di
contatto tra il libro della Burnett GLI AMICI SILENZIOSI,
romanzo recente ma scritto in stile gotico da Laura Purcell. Anche
qui abbiamo la vecchia casa e frequenti richiami ai giardini e al
giardinaggio, ma tutto ha un’aura molto più inquietante.
La
metafora del giardino segreto, nascosto alla vista, è stata usata
anche in uno degli shônen
manga più avvincenti dell’ultimo periodo: THE PROMISED
NEVERLAND, ma anche qui ha un significato negativo e spaventoso,
mentre per Mary sarà un luogo di rinascita.
Esiste
poi un romanzo di Banana Yoshimoto intitolato proprio IL GIARDINO
SEGRETO, che fa parte della tetralogia IL REGNO ma non ho
informazioni su questo libro e quindi non lo posso usare come termine
di paragone.
[Il dipinto THE ENCHANTED GARDEN di John William Waterhouse, mi sembrava calzante per il soggetto e per la datazione: 1916-1917]
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