MENO DI ZERO
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L'immagine fa riferimento alla nuova edizione |
Bret Easton Ellis; Einaudi
VOTO: 7.5
VOTO: 7.5
MENO DI ZERO
ci presenta il vuoto esistenziale dell’alta società di Los Angeles legata al
mondo del cinema e della moda: persone che apparentemente hanno tutto, ma che
invece si sentono sprofondare nel Vuoto – non il Vuoto metafisico di Wim Wenders;
non il Mu dei giapponesi, ma un abisso di apatia.
Il
protagonista è Clay biondo, capelli corti, occhi azzurri, come tutti in quell’ambiente.
Clay
è tornato in città per le vacanze natalizie partendo dall’università che sta
frequentando in New Hampshire e, forse per questa sua distanza geografica e
culturale, tornando riesce a vedere i fatti intorno a lui in maniera
distaccata, sentendosene fuori e mantenendo un minimo di umanità
I
personaggi sono tutti presi da un vortice di perversioni: droga, sesso, feste e
per questo – volutamente – ci appaiono senza profondità. L’unica eccezione è
Julian, che cerca di uscire dalla brutta situazione di cui si è cacciato ed è
il solo a mostrare emozioni.
Spicca
l’assenza di adulti in questo mondo malato: i genitori sono sempre in viaggio d’affari,
completamente disinteressati al destino dei figli, e i loro spostamenti sono
noti solo seguendoli sui rotocalchi. E ad un certo punto comparirà anche un
messaggio pieno di insulti rivolti a un padre e una madre colpevoli di aver
metaforicamente lasciato morire la propria figlia o figlio. All’inizio anche Clay è così, freddo ed
estraneo: le sue sorelle sono per lui indistinguibili come un fastidioso brusio
di fondo.
Ciò
che mi ha colpito della storia è la totale indifferenza dei protagonisti anche
di fronte agli eventi più terribili: la proiezione di uno snuff movie, il
ritrovamento di un cadavere, la pedofilia, la prostituzione. Tutto è uno
spettacolo che viene subito a noia. Questo concetto è esemplificato da due
frasi: la prima è una citazione da una canzone di Tom Petty “Straight into darkness / We went straight
into darkness / Straight into night”; la seconda è una scritta sulla parete
del bagno di un locale che dice: “Julian fa dei magnifici p*****i. Ed è morto”. Le
due cose poste sullo stesso piano e separate cinicamente solo da un punto fermo
che è qui nettissimo.
Rispetto
ad altri libri di Bret Easton Ellis, in MENO
DI ZERO c’è meno citazionismo – un elemento
che mi aveva un po’ disturbato in altri romanzi successivi [ LESS THAN ZERO è il suo esordio del 1985] come per esempio GLAMORAMA (1999).
Finché
si resta sul piano delle droghe leggere la trama un pochino inconsistente mi ha
ricordato le opere della beat generation, con i protagonisti che bevono, si
sballano e vanno da una casa all’altra, da un party all’altro. Andando avanti
invece la vicenda assume tinte decisamente più forti e serie e si vede che
Isabella Santacroce ha attinto da qui per libri come LUMINAL e DESTROY, anche
se Bret Easton Ellis ha meno slanci lirici a livello stilistico. In entrambi i casi si fa continuo riferimento
alla musica che in Bret Easton Ellis è quella della scena alternativa
californiana degli anni Ottanta (gli X risaltano su tutti)
Originariamente
avevo preso in mano MENO DI ZERO per fare un confronto con ROCKAWAY BEACH di Jill Eisenstadt che ho letto recentemente. L’autrice
infatti fu definita “La Rossa del Brat Pack” (il movimento letterario di cui
faceva parte anche Bret Easton Ellis, ma
ho trovato i due stili radicalmente diversi a livello di intreccio. FROM ROCKAWAY è tanto denso quanto LESS THAN ZERO appare vacuo. Ci sono
semmai delle similitudini per quanto riguarda la struttura perché entrambi i
romanzi si compongono di brevi istantanee.
Avendo
amato in gioventù Isabella Santacroce, ho apprezzato MENO DI ZERO come una
lettura scorrevole ma forte come un pugno nello stomaco. Tuttavia, essendo
cresciuta, oggi mi è piaciuto di più il libro di Jill Eisenstadt.
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