L'ANGEL ESMERALDA
Don Delillo, Einaudi
VOTO: 9
VOTO: 9
Oggi
voglio parlarvi di un libro che ho finito di leggere ieri notte e che ho
trovato eccezionale. Si tratta di L’ANGELO
ESMERALDA (e altri racconti) di Don Delillo.
Innanzitutto
ho apprezzato la struttura di questo piccolo volume: i nove racconti che lo
compongono sono messi in ordine cronologico da “Creazione” (1979) a “La
Denutrita” (2011), dando un'idea dell'evoluzione dell'autore.
Come
avevo fatto per la JUNJI ITÔ COLLECTION,
trattandosi di racconti slegati tra loro, analizzerò i due che mi hanno
maggiormente colpito, anche se sono tutti di ottimo livello, sia dal punto
narrativo sia da quello squisitamente stilistico.
Iniziamo
quindi dalla storia che dà il titolo alla raccolta: “L’Angelo Esmeralda”
del 1994.
Qui
due suore lavorano come volontarie in una zona disagiata del Bronx. Tra i
ragazzi aiutati dalle due religiose ci sono bambini di strada e writers.
In
particolare, i graffitari stanno lavorando a un mural in cui documentano i
bimbi morti in modo tragico, per malattia o per violenza: per le femmine
disegnano un angelo rosa; per i maschi uno azzurro.
Un
giorno suor Edgar vede una ragazzina tra la sporcizia della discarica. È Esmeralda
e non si lascia mai prendere ma poi arriva la notizia che è stata aggredita e
uccisa.
Qualche
mese dopo si diffonde nel quartiere la voce che l’immagine della piccola appare
su un cartellone pubblicitario del succo d’arance e la donna decide di unirsi
alla folla di credenti pagani che si riuniscono per vederla.
Questo
piccolo gioiello parla di come le persone abbiano bisogno di qualcosa in cui
credere e di come oggi il mondo – così brutale e commercializzato – abbia sminuito
la religione ufficiale per creare nuovi idoli nelle reclame, nei soldi e in
generale nello status symbol, una materia per sua natura volatile ed effimera.
Mi è venuto in mente uno dei miei romanzi preferiti AMERICAN GODS (2001) di Neil Gaiman che pone lo stesso problema in
maniera innovativa e geniale, mettendo in campo vecchi e nuovi dèi. Allo stesso
modo, Chuck Palahniuk, che ha ereditato lo stile caustico e originale di
Delillo, si è scagliato più volte contro i miti consumistici della società
capitalista, anche nella sua opera più nota, FIGHT CLUB (1996), dalla quale David Fincher ha tratto un
bellissimo film nel 1999.
Il
secondo racconto su cui vorrei soffermarmi è anche l’ultimo della raccolta e
quindi l’ultimo a essere stato scritto: “La Denutrita” del 2011.
Chi
mi conosce immaginerà il perché io sia stata colpita da questa storia. Si parla
di una donna magra, angolosa, anoressica incontrata per caso dal protagonista
in un cinema.
L’uomo
– Leo – che vive da separato con la moglie e dedica tutto il suo tempo a guardare
film (anche tre o quattro al giorno, secondo un programma serratissimo) vede
questa ragazza sola in sala e, finita la proiezione, decide di seguirla fino a
un cinema di periferia. Lei è come un sogno, destinato a scomparire se solo si
battono le ciglia. È come una magia uscita dallo schermo; ed è di questo che
parla in realtà il racconto: di come le immagini dei film creino ricordi, un
mondo più vero del vero.
A
stregarmi è stata soprattutto la malìa di seguire una sconosciuta per le vie
della città, fuori dalla propria comfort zone come avviene in una delle
sequenze a mio avviso più intense della letteratura italiana contemporanea: in CITY di Alessandro Baricco (1999) il
bambino-genio Gould pedina una donna, come ipnotizzato dalle sue scarpe e dalla
sua camminata e s’immagina la sua storia.
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